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Sardegna, fuga di volontari dal 118: “Ancora aspettiamo i rimborsi per le mascherine”

Il referente di Soccorso Iglesias, Pierpaolo Emmolo: "In diverse Regioni si danno encomi, qui i nostri ragazzi sono costretti a rifiutare il servizio perché privi di protezione, spesso vengono umiliati o ridicolizzati dagli stessi operatori sanitari". Un appello a cui si uniscono altri rappresentanti delle associazioni Libere, delle Misericordie e delle cooperative sociali
Sardegna, fuga di volontari dal 118: “Ancora aspettiamo i rimborsi per le mascherine”
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Niente rimborsi per l’acquisto di mascherine, nessuna formazione, al massimo “un tutorial sulla vestizione e la svestizione. I nostri volontari stanno gettando la spugna, non se la sentono più di rischiare”. A denunciare la situazione in cui versa il volontariato del 118 in Sardegna è Pierpaolo Emmolo, responsabile del Soccorso Iglesias e referente di una settantina di associazioni (su 195 in tutta l’isola) del Centro-Sud Sardegna: “È capitato diverse volte, interveniamo per un incidente, una caduta, e poi scopriamo che il paziente era positivo al Covid-19. Chiediamo di fare il tampone e la risposta è più o meno sempre la stessa: mettetevi in quarantena, chiudete l’ambulanza e organizzatevi per conto vostro”.

I motivi per cui molti volontari abbandonano il servizio sono – secondo Emmolo e altri rappresentanti delle associazioni Libere, delle Misericordie e delle cooperative sociali in Sardegna – da imputare a un sistema disorganizzato e senza regole. “In diverse Regioni si danno encomi ai volontari, qui i nostri ragazzi sono costretti a rifiutare il servizio perché privi di protezione, spesso vengono umiliati o ridicolizzati dagli stessi operatori sanitari”. E dal referente del Soccorso Iglesias parte un appello: “Siamo ancora molto lontani dal vedere esaudire le nostre richieste, aspettiamo ancora i rimborsi per i dispositivi di protezione”.

Le rivendicazioni da parte del 118 in Sardegna, risalgono a giugno, quando i rappresentanti dei volontari delle centrali operative di Cagliari e Sassari scesero in piazza per chiedere un tavolo di confronto, denunciando un sistema “disorganizzato, disomogeneo, senza regole né protocolli chiari”, come riporta Unioneonline. Il 9 agosto si rivolsero invece con una lettera anche al ministero della Salute: “Non è ulteriormente tollerabile che i nostri operatori siano mandati con assoluta noncuranza dei rischi a svolgere un incarico che non è di loro competenza”. Grazie a quest’azione, in una riunione con i vertici di Areus (Azienda regionale dell’emergenza e urgenza della Sardegna) è stata approvata una nuova convenzione ed è stato scritto un protocollo con le norme anti-Covid. Prendiamo atto di questi impegni concreti, ma i nostri problemi non si risolvono qui. Inoltre non accettiamo che vengano autorizzate al servizio associazioni illegali, gente che per 400 euro al mese opera 12 ore a testa senza riposi e magari per l’inesperienza e la stanchezza si schianta tra gli alberi del Policlinico o provoca gravi incidenti stradali”.

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