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La Brigata Maiella è una pagina straordinaria della storia patria: forzarla non rende un buon servizio alla verità

La Brigata Maiella è una pagina straordinaria della storia patria: forzarla non rende un buon servizio alla verità
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Dopo la pubblicazione dell’intervento del blogger Carlo Troilo sulla Brigata Maiella, riceviamo e pubblichiamo la puntualizzazione dello storico Marco Patricelli su questa pagina della guerra di Liberazione

di Marco Patricelli

Come storico non posso che essere lieto che un argomento come la Brigata Maiella torni a rioccupare il posto che merita nella narrazione della Resistenza e della seconda guerra mondiale, a 15 anni dal mio libro “I banditi della libertà” (Utet) che riaccese una luce spenta nel dopoguerra in maniera non del tutto disinteressata. Lo sono un po’ meno quando si cerca non di spiegare la storia, ma di piegarla.

Comprendo umanamente che l’amico Carlo Troilo abbia tutto l’interesse di figlio a esaltare “le magnifiche sorti e progressive” di Ettore, fondatore e padre nobile della Brigata Maiella, non quando pretende di attribuirgli un ruolo che non ebbe, ovvero quello di comandante militare spettante al suo vice Domenico Troilo. La contrapposizione postuma di stampo provincial-familiare tra due omonimi e non parenti non giova né alla verità né a un corretto racconto.

Il comando effettivo della Brigata Maiella – unità di fanteria da montagna su base volontaria che era parte integrante dell’8ª Armata britannica prima nel V Corpo d’armata inglese (dicembre 1943-giugno 1944) e poi nel II Corpo polacco (giugno 1944-luglio 1945) – fu (e non poteva essere altrimenti) di ufficiali inglesi e polacchi: Lionel Wigram, Lamb (il nome, spesso erroneamente indicato come Richard, è ignoto), Wilhelm Lewicki e Józef Kopeć. Ettore, in riconoscimento del ruolo di fondatore di questa straordinaria formazione apartitica di patrioti (che, come è facile dedurre, e nonostante una recentissima vulgata disinformante, non fu mai unità partigiana), era comandante nominale ma onorifico: il comando effettivo sul campo era del vice Domenico Troilo, ex tenente della Regia Aeronautica, ferito tre volte in battaglia, medaglia d’argento al valor militare, responsabile e artefice dei successi.

I maiellini non hanno mai avuto dubbi al riguardo, che li abbia in senso contrario Carlo Troilo non ha valenza di prova storica, come l’ipotizzato ferimento del padre per lo scoppio di una mina e poi con un tentativo di omicidio perché “scomodo” politicamente invece di un incidente stradale. Sui ruoli sono eloquenti i documenti inglesi e polacchi, le fotografie al fronte, le testimonianze degli ex combattenti. Domenico era in prima linea a stretto contatto con i vertici Alleati, Umberto di Savoia, il generale Władysław Anders, e venne decorato al valore dai polacchi per il comportamento sul campo di battaglia con croce al merito con spade di bronzo; Ettore venne insignito di una medaglia di grado inferiore, la croce di valoroso. Volerne fare a tutti i costi un eroe di guerra, lungi dall’esaltarla, svilisce la sua storia.

Nel 2018, su invito del Quirinale per le mie ricerche e i miei studi in argomento, ebbi l’alto onore di tenere il discorso ufficiale per le celebrazioni del 25 aprile al cospetto del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e degli ambasciatori di Gran Bretagna e Polonia, Jill Morris e Marta Zielińska-Śliwka, a ennesima riprova che la Maiella non era una formazione partigiana come si cerca di accreditare oggi al di fuori di studi accademici di settore e ricerche documentali e scientifiche. Patrioti, appunto, soldati con tesserino e grado militare (209ª e 228ª divisione di fanteria del Regio Esercito), uniforme britannica e ruolo storico ben definito, al di fuori del Corpo volontari della libertà di cui non fecero mai parte e proprio per questo fu possibile decorare la bandiera di guerra con la medaglia d’oro al valor militare.

E ancora. Nonostante gli sforzi di Cesare Bermani sulla genesi resistenziale di “Bella Ciao”, i maiellini non la cantarono mai, non conoscendola. Tutti i loro canti sono stati raccolti, a partire dall’inno scritto nel 1944 dal volontario Donato Ricchiuti, su melodie militari note come “Il ponte di Perati”. Nessun testo ha una metrica adattabile a “Bella Ciao”, e questo chiude il discorso. Ogni tentativo di forzare la mano a uomini ed eventi, appropriandosi della Brigata Maiella, non rende un buon servizio né alla verità né alla storia.

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