Le vicende della Brigata Maiella sono rimaste molto poco note per almeno venti anni ed hanno cominciato ad arrivare all’opinione pubblica nazionale nel 1965 con l’assegnazione della Medaglia d’Oro (la “Maiella” è la sola singola formazione partigiana con la più importante fra le onorificenze militari) e nel 1967 con la pubblicazione del libro Brigata Maiella: autore mio fratello Nicola, che aveva seguito da vicino – all’epoca quindicenne – la nascita della Brigata (il libro è stato edito da Mursia nel 2011 in una nuova versione dal titolo più ambizioso Storia della Brigata Maiella).

Una delle ragioni di questa scarsa notorietà a livello nazionale sta nel fatto che nel dopoguerra mio padre, che della “Maiella” fu il fondatore e il comandante, non ebbe per diversi anni la possibilità di “pubblicizzare” la sua Brigata perché impegnato prima come responsabile della assistenza postbellica nell’Abruzzo devastato e poi come prefetto della Liberazione di Milano (una vicenda che si concluse con la clamorosa occupazione della Prefettura per protesta contro la destituzione, da parte del ministro Scelba, del prefetto/partigiano).

I riconoscimenti principali alla “ Maiella” sono venuti dal Quirinale: Troilo ed i suoi “maiellini” sono stati ricevuti con tutti gli onori, nel corso degli anni, da Saragat, da Pertini e da Napolitano, mentre Ciampi e Mattarella hanno reso omaggio alla Brigata visitandone il Sacrario di Guerra a Taranta Peligna ed esaltando il ruolo della “Maiella”, fino ad affermare (Mattarella) che “la Resistenza italiana è nata in Abruzzo”.

Naturalmente, in 70 anni molti storici si sono occupati della Brigata Maiella, non sempre in termini rispondenti alla realtà – in particolare Marco Patricelli, che nel suo I banditi della libertà si è fatto prendere la mano dalla trovata giornalistica dei “due Troilo”, enfatizzando al di là del dovuto il ruolo del vice comandante Domenico Troilo a scapito del suo omonimo Ettore, senza il quale non ci sarebbe stata nessuna “Brigata Maiella”.

Quest’anno, finalmente, due libri hanno reso giustizia alla “Maiella”. Il primo – la Storia della Resistenza di Marcello Flores e Mimmo Franzinelli – trattando ampiamente del ruolo dei partigiani abruzzesi nella guerra di Liberazione; il secondo, con una raccolta di saggi curata dal presidente della Fondazione Brigata Maiella, Nicola Mattoscio, sotto il titolo Brigata Maiella, Resistenza e Bella Ciao (il riferimento è al saggio di Cesare Bermani sulla più famosa canzone della Resistenza, che chiude il volume).

Fra i diversi saggi che narrano le varie fasi di attività della Brigata nel risalire l’Italia dall’Abruzzo fino agli altipiani di Asiago (particolarmente emozionante il racconto delle leggendarie battaglie della “Maiella” per liberare le Marche nel racconto di Elena Paoletti) il lavoro di più vasto respiro è quello compiuto da Nicola Mattoscio nel suo ampio saggio introduttivo (La Brigata Maiella ritrovata: per una storia della Resistenza italiana).

Il Presidente della Fondazione Brigata Maiella – cui va tutta la gratitudine mia, della mia famiglia e dei reduci della Brigata, perché da anni tiene viva la memoria di Ettore Troilo e dei suoi “maiellini” – coglie una serie di punti essenziali per capire il significato e il valore di questa straordinaria vicenda, mentre altri temi sono trattati nei saggi di qualificati storici.

Fra gli altri, la vicenda della Medaglia d’Oro alla Brigata, formalmente promessa e poi “sparita” per la opposizione delle forze armate regolari: una vicenda ricostruita passo passo da Mattoscio, cui fece un cenno significativo il ministro della difesa Andreotti quando finalmente la Medaglia andò a decorare la bandiera della Brigata: “Forse è stato un motivo di freno il fatto che voi non foste aggregati ad un partito politico: ma era proprio in ciò la vostra forza”.

Cito solo i principali temi trattati nel saggio di Nicola Mattoscio:

1) La ferrea pregiudiziale repubblicana, per cui la Brigata Maiella accettò di essere inquadrata nell’Esercito italiano ma solo come reparto irregolare e indipendente, facente capo prima agli inglesi e poi ai polacchi;

2) Le due principali ragioni della lunga “marginalizzazione” della Brigata Maiella: il poco spazio concesso ad una formazione indipendente nello scenario del dopoguerra, dominato soprattutto dalle forze democristiane e social comuniste; la visione “milanocentrica” della storia resistenziale;

3) I due congiunti sentimenti di rancore/ribellione (alla ferocia nazista in Abruzzo) e di patriottismo;

4) La straordinaria personalità del maggiore inglese Lionel Wigram, che per primo diede fiducia a Troilo ed ai suoi uomini e che morì combattendo al loro fianco nella terribile battaglia di Pizzoferrato;

5) Il sentimento di fratellanza che subito unì i “maiellini” ed i polacchi, alle cui dipendenze la Brigata Maiella passò nella seconda fase della sua attività (Marche e Romagna). Del dramma della Polonia, simile a quello del nostro paese, parlano in due saggi di grande interesse Giovanni Cerchia e Matteo Luigi Napolitano (il solo punto su cui ho qualche riserva è la mancanza di una condanna netta dell’operato di Pio XII).

6) Le condizioni durissime in cui i “maiellini” combatterono per 16 mesi, così descritte dall’aiutante maggiore della Brigata Maiella, Vittorio Travaglini: “ I vestiti sono laceri, fradici di pioggia, consumati dall’uso; scarpe sfondate, barbe ispide e incolte, corpi sudici infetti da scabbia e insetti”.

Ringrazio in particolare Alessandra De Nicola, che ha riorganizzato ed informatizzato le centinaia di documenti che ho donato alla Fondazione. Grazie al suo lavoro potranno essere fruiti da storici e ricercatori.

Un’ultima nota. Sono amico di Flores fin dai tempi della università (io ero prossimo alla laurea, lui una matricola), quando Marcello venne a collaborare con una iniziativa politico culturale che mi era stata affidata dalla Federazione Giovanile Socialista: dar vita ad un circolo cinematografico, che per anni fu il più importante cineclub di Roma.

Per i casi della vita, uno dei principali dirigenti della Fgs – e dunque dei miei “capi” – era Matteo Matteotti, figlio del martire socialista di cui mio padre era stato uno stretto collaboratore. Così Marcello iniziò a conoscere le vicende della Brigata Maiella, incontrando più volte mio padre ed assistendo, a Sulmona, alla grande cerimonia della consegna della Medaglia d’Oro.