di Giuseppe Criaco

Agli albori della mia carriera universitaria, troppo breve a dire il vero, mi capitò tra le mani un libello del prof. Francesco Galgano. Il titolo era Il rovescio del diritto (Giuffrè Editore). Difatti l’emerito docente amava ripetere ai suoi studenti che tutte le cose che arredano il mondo hanno un diritto ed un rovescio. Ed aggiungeva, raccomandandolo fortemente: “Quando all’esame di una qualunque materia giuridica non conoscete la risposta evitate di rispondere secondo “buonsenso”, sarebbe sicuramente una risposta sbagliata. Perché il rovescio del diritto è proprio il buonsenso”.

Concludeva divertito l’indimenticato cattedratico. Illuminando la sconcertata platea universitaria con alcuni piccoli esempi. “Chi rompe paga ed i cocci sono suoi”. Falso! Nulla di più giuridicamente errato. Il risarcimento del danno non è per il diritto un modo automatico di acquisto della proprietà.

Questo mio siparietto iniziale, è inevitabile, vuole censurare le resistenze degli addetti ai lavori e di una fetta politica ben identificata spesso incensate di un ipocrita buonismo che hanno spinto la maggior parte delle Regioni italiane a trincerarsi dietro un inesistente buonsenso e tenere duro sulla chiusura delle discoteche. Evidente che i motti “Milano non si ferma” e “Bergamo is running” non hanno insegnato nulla a molti amministratori locali, permeabili alle pressioni dell’interesse economico.

Il diritto, caro signori, non ammette buon senso. Parola di Francesco Galgano. Non è nelle mie intenzioni giudicare la visione politica di certe Amministrazioni, oppure gli innumerevoli “lai” che certe categorie economiche (e il comparto del divertimento non fa eccezione) da mesi riversano sul governo e sul Paese circa i danni subiti a causa del lockdown. (Si parla di 4 miliardi di danni.)

Ma oggi è necessaria una presa di posizione forte e responsabile della politica. Anche nazionale. Abbandonando quella posizione un po’ “codina” che demanda alle Regioni la decisione di chiusura. Se il distanziamento e le norme minime di tutele non sono ( e non possono essere) rispettate allora le discoteche vanno chiuse. Nessuna giustificazione ludica oppure economica può essere addotta di fronte ai rischi della salute pubblica.

Un’assunzione di responsabilità che la politica deve avere il coraggio di adottare. Si chiama democrazia responsabile e non stato di polizia, si chiama vivere civile, senza sotterfugi tartufeschi, o bizantinismi di buonsenso. Furbizie che non devono e non possono albergare nelle Amministrazioni intellettualmente oneste. Mai. Anche quando certe leggi non ci piacciono.

Perché è la legalità, la legge, l’unica stella polare da seguire. Quella legge che fissa le regole del vivere civile, che ci permette ogni giorno di conoscere i limiti entro i quali possiamo muoverci senza calpestare la libertà ed il diritto altrui. E viceversa. Perché non ci può essere libertà fuori dalla legge. La legge quella pietra miliare del diritto che ha permesso a ciascuno di noi di sapere che “c’è un giudice a Berlino”. Sempre e comunque.

La legge, ancora, come ultimo baluardo prima della barbarie, equo ma sempre più fragile contrappeso allo strapotere del denaro e dell’abuso. La legge, infine, quell’insieme di regole che ci permette ogni giorno di vederci garantiti nei nostri diritti, nell’esercizio della nostra attività professionale e ci consente di tutelare la nostra proprietà.

Tutto questo è la legge. Nessun odio sociale, nessuno stato di polizia. Ma uno sprone a cambiarle le cose, ma secondo le regole. Quelle regole che trovano fondamento nella nostra Costituzione. Scritta nel nome di quel sangue versato per la libertà e la democrazia di questo , nonostante tutto, meraviglioso Paese.

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