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Riapertura scuole, vanno bene gli slogan e pure i banchi con le rotelle. Ma diteci come sarà

Riapertura scuole, vanno bene gli slogan e pure i banchi con le rotelle. Ma diteci come sarà
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Ora mentre scrivo, il final countdown all’inizio della scuola è a meno venti giorni e direi che è arrivato il momento di preoccuparsi un filo. Come quegli universitari che a venti giorni dall’esame iniziano ad aprire il libro. Come quei vacanzieri che a venti giorni prima della partenza per le bianche spiagge iniziano a mettersi a dieta. Ecco, quell’inquietudine lì. Anche un po’ di più. Perché a quanto ho capito, e per carità, avrò capito poco e male, ma siamo ancora fermi al punto uno. Al punto che la scuola riapre a settembre. Ok, bello. Come? In sicurezza. Perfetto.

Cosa abbiamo proposto noi placidi docenti vacanzieri? Nulla, le solite banalità irrealizzabili che chiediamo tutti gli anni, pure senza pandemia: classi più piccole, spazi adeguati, stabilizzazione per evitare giramenti di docenti e giramenti di palle. Ma no, certo, queste non sono soluzioni, avremmo dovuto progettare una sonda spaziale a ultrasuoni antibatteri in grado di mettere in salvo noi e i nostri studenti e consegnarne il preventivo, il disegno e il modellino al ministero della magia.

Adesso, però, adesso che la scuola inizia sul serio io voglio sapere. Voglio sapere che succede se un mio alunno si ammala, perché a sentire chi di dovere basterà la telefonata a casa e “se ne farà carico il servizio sanitario nazionale”. Cioè io ho un alunno con la febbre, telefono a casa e lui viene prelevato da due uomini in tuta antitutto che entrano a scuola vaporizzando amuchina e posso continuare a fare lezione? A parte che di solito i primi a rendersi disponibili per prelevare i ragazzini fuori orario sono i nonni, quindi i soggetti più deboli, ma avrò capito male.

Fingiamo poi di aver appurato che si tratta di Covid: chi va in quarantena? Lui, e tamponi a tutta la classe? Tutta la scuola? Solo i suoi docenti e le relative famiglie? Gli Ata? Il guidatore del pullmino? La squadra di calcetto presso cui l’appestato si allena? Chi verifica che i quarantenati la rispettino? E mentre la classe è in quarantena – e con lei forse due docenti o forse tutti – si fa didattica a distanza solo per alcune materie? E se io sono in quarantena, lo è anche la mia famiglia, quindi la mia prole perde giorni di scuola? Le sarà garantita la didattica a distanza? Anche se nella sua scuola non c’è stato nessun caso?

Lo so che sono tante domande e non è facile trovare le risposte, a meno che non si appartenga a quelle schiere di tuttologi del web che hanno conseguito alla tastiera specializzazioni in sismologia, tecnica del calcio giocato, gestione dei disastri e loro conseguenze, progettazione di ponti e recentemente anche immunologia. Lo so che è una situazione complessa; quando mai era capitato che la gente si preoccupasse così tanto per una cosa tanto ovvia come il ritorno a scuola.

Ma adesso è davvero il momento di stabilire delle regole chiare e condividerle (che ci vuole un po’ prima che la gente le comprenda e le accetti, quali che siano), perché la scuola non è un mondo a sé, la scuola ci riguarda tutti, non è il tassello di un puzzle. La scuola muove le persone, la sua presenza incide sulla gestione familiare, sulla vita delle persone.

Vanno bene gli slogan, vanno bene i tablet, la fibra, pure i banchi singoli con le rotelle, se proprio ce li volete dare. Ma soprattutto diteci come sarà e cosa possiamo fare per farlo funzionare. Siamo pronti a tutto. Ma ci piacerebbe sapere cos’è questo tutto con un po’ di anticipo, non sempre il giorno prima.

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