Che l’emergenza Covid lasciasse strascichi sul consuntivo di fine anno dell’auto era scontato. L’entità tuttavia è tutta da verificare. A dare qualche numero ci ha pensato Alix Partners nel suo puntuale “Global Automotive Outlook” relativo al 2020, da cui vengono fuori sostanzialmente tre tendenze principali: la diminuzione delle immatricolazioni a livello globale, la conferma degli investimenti sull’elettrificazione e il rallentamento invece di quelli sulla guida autonoma.

Ma andiamo con ordine. Con il blocco delle fabbriche e la chiusura dei concessionari in conseguenza al lockdown, era fisiologico un contraccolpo sulle vendite, che secondo le previsioni della società di consulenza americana non supereranno i 70,5 milioni tra auto e veicoli commerciali leggeri. Che potranno anche diventare 66 nel caso si dovesse asssistere ad un ritorno dei contagi verso la fine dell’anno. Un bel ridimensionamento, visto che come spiega Dario Duse di Alix Partners “l’industria si era tarata tra i 90 e i 93 milioni di veicoli nel 2018 e nel 2019”, e che “la ripresa sarà a due velocità. Per cui il calo sarà recuperato in un quinquennio“.

Cinque anni, dunque. E’ questo il tempo che ci vorrà per tornare ai livelli del 2018-2019, secondo le stime del Global Automotive Outlook. Perché nel mondo si perderanno 44 milioni di veicoli nel prossimo triennio, periodo in cui l’industria del settore vedrà sfumare 1.300 miliardi di fatturato e 220 miliardi di profitti.

Questo a livello complessivo. Nello specifico, si prevede che la Cina si riprenderà più velocemente rispetto a Nord America ed Europa. Il paese del Dragone a fine anno scenderà fino a 23 milioni di auto, per poi arrivare addirittura a 26 nel 2023. Mentre l’Europa a fine 2020 passerà da 21 a 14 milioni di veicoli, ma nel biennio successivo risalirà solo a quota 20. Il Nord America invece riuscirà a tornare ai livelli pre-Covid, nello stesso lasso di tempo.

Anche le previsioni per l’Italia non sono incoraggianti. Nel nostro Paese il mercato 2020 si chiuderà con 1,2 milioni di immatricolazioni, contro i quasi 2 del 2019, e se non verrà stimolato con appositi incentivi o agevolazioni fiscali, come il resto d’Europa impiegherà fino al 2023 per avvicinare i livelli precedenti all’emergenza sanitaria.

Tutta colpa del Covid, insomma? In realtà, come si evince dalla ricerca, le condizioni del mercato stavano peggiorando anche prima, con un ridimensionamento dei volumi. E, complice l’emergenza sanitaria, nel primo trimestre i profitti sono diminuiti del 54% per i produttori e del 57% per i fornitori, con ulteriori cali da mettere in conto nel secondo trimestre.

Il problema, dunque, potrebbe diventare la liquidità. “Tutta l’industria si è preoccupata di avere risorse finanziarie disponibili nel breve con un indebitamento salito del 35% rispetto al 2015 e dell’8% sul 2019. Questo mette in sicurezza la disponibilità di cassa delle aziende, ma andando avanti solleva il tema della capacità di servire il debito“, spiega Duse. L’industria automobilistica ha aumentato i propri debiti per 52 miliardi di dollari tra il 15 marzo e il 22 maggio, il che richiederà “maggiore disciplina di cassa, con politiche di investimento più oculate e azioni di riduzione dei costi per abbassare i livelli di pareggio, perché il periodo per tornare ai livelli del 2019 sarà relativamente lungo”.

Nel concreto, come si adegueranno i programmi dei costruttori per far fronte a tali evenienze? Alix Partners prevede che non cambierà nulla riguardo al processo di elettrificazione delle vetture: il relativo investimento di 234 miliardi di dollari verrà confermato. Se non altro, aggiungiamo, perché la mobilità a batteria si è già messa in moto ed è difficile tornare indietro. La guida autonoma invece ancora non è partita, e sarà quella che subirà i ridimensionamenti più pesanti: il 60 miliardi previsti saranno congelati e “dilatati” nel tempo.

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