Tablet e sim per i pazienti, ma anche pulsossimetri e una piattaforma cloud computing. E poi almeno 50 assunzioni a 39mila euro l’auna. In una parola: Tele Covid-19. Si tratta dell’avveniristico progetto da quasi 3 milioni e mezzo di euro presentato in Sicilia da un centro sanitario diretto da un politico della Lega, Dino Bramanti, e approvato dalla giunta di Nello Musumeci. Un progetto per il quale la Regione Siciliana ha impegnato 801mila euro: il resto, invece, al Centro Neurolesi Bonino Pulejo di Messina era stato riconosciuto dal ministero della Salute, nel periodo in cui a guidarlo era Beatrice Lorenzin. Un progetto venuto alla luce nelle ore in cui la Sicilia presentava la sua app modello Immuni e che ha mandato in tilt la comunicazione del governo dell’isola, costretto nella tarda sera di ieri al dietrofront: “Quel progetto non ha nulla a che vedere con l’app Sicilia Si Cura. Il Tele Covid è un servizio di telemedicina che abbiamo previsto a prescindere dall’avvento dei turisti”, ha dovuto sottolineare l’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza. Smentita che arriva dopo titoli e dichiarazioni in cui ad associare l’app al progetto di Tele Covid 19 era stato lo stesso Bramanti: “Era rimasto aggiornato ad una riunione precedente in cui si era ipotizzato questo, poi però i nostri tecnici ci hanno detto che non era possibile”, è costretto a sottolineare Razza.

E quindi Bramanti, direttore scientifico di un importante centro di ricerca, non era semplicemente stato aggiornato dal governo regionale. Ma nel frattempo ha rilasciato dichiarazioni urbi et orbi. Un mancato upgrade, niente di più, che ha creato un vero e proprio cortocircuito nel giorno in cui il governo ha presentato la versione sicula di Immuni, definizione con la quale non è d’accordo l’assessore alla Sanità: “Non c’entra nulla con l’altra applicazione, perché quella nostra servirà a mettere il turista in contatto col sistema sanitario regionale”. Il Tele Covid- 19, invece, servirà a chi contrarrà il virus “da qui a tutta la durata dell’emergenza sanitaria, nulla a che fare con l’app”.

Insomma, tra app e telemedicina l’assessore di Musumeci non ha lesinato risorse per combattere il coronavirus. Di sicuro il via libera al progetto di telemedicina è arrivato alla velocità della luce: la presentazione del progetto da parte del Bonino Pulejo, che la delibera regionale riporta in allegato, porta la data del 6 maggio. “In questo memento di grande difficolta legata all’emergenza Covid attualmente ancora in corso a che sta colnvoigendo anche I cittadini siciliaani, questo Irccs desidera mettere a disposizione della Regione Siciliana il progetto di ricerca dal titolo TeIeCovid Sicilia”, scrive il centro all’assessore alla Salute. Che il 7 maggio firma la sua delibera per l’attivazione del sistema di telemedicina. Solo un giorno, dunque, per approvare un servizio del valore di 3.404.642 milioni di euro. Da dove vengono i soldi? “Sono a carico dell’Irccs e rientrano nella linea di ricerca corrente finanziata dal Ministero della Salute”, recita la delibera all’articolo 7. A quello successivo, invece, la Regione riconosce all’istituto una somma “pari a € 801.296 per acquisto attrezzature in sede di negoziazione delle risorse finanziarie destinate per tale finalità e comunque, qualora inferiore, commisurata all’effettiva spesa sostenuta”. Quindi un progetto finanziato dalla Salute e cofinanziato dalla Regione? Razza nega. “Sono soldi non erogati e che saranno erogati solo nel caso in cui i soldi del ministero non dovessero essere sufficienti per l’acquisto dell’attrezzatura”, sostiene l’assessore siciliano.

Bramanti, da parte sua, rivendica:“Siamo di fatto un’eccellenza sulla Tele Medicina, è un servizio che già svolgiamo da tre anni per il ministero della Salute”. Già candidato sindaco di Messina del centrodestra nel 2018, fu sponsorizzato dal presidente Musumeci e sostenuto in città da Francantonio Genovese. Sconfitto da Cateno De Luca, Bramanti non la prese bene. E secondo i più maligni attribuisce la sua sconfitta a un sostegno blando dalla coalizione che pure aveva schierato ben 10 liste a suo sostegno con tanto di simbolo di Forza Italia. Per questo poco dopo, entrato in consiglio comunale, abbandona i forzisti. Il suo passaggio alla Lega viene sancito il 14 agosto del 2018, poche ore dopo il crollo del ponte Morandi, quando Bramanti manda un comunicato e una foto che lo ritrae accanto a Matteo Salvini. Il gruppo di leghisti siculi si trova a Furci, lì dove la stessa sera si consumerà la nota cena del leader del Carroccio nel giorno del crollo del ponte genovese. Due anni dopo Bramanti si definisce il “siciliano moderato della Lega”, partito da poco entrato nella giunta di governo con la nomina di Alberto Samonà ai Beni culturali.

Lo stesso governo che ha accolto con favore il progetto per il Tele Covid-19. Saranno acquistati 1070 tablet per una spesa di più di 300mila euro e un costo complessivo in servizi, device e apparecchiature mediche di 1.454.462 euro. E, manco a dirlo, ci sarà bisogno necessariamente di 50 nuovi assunti, per un costo totale di 1.950.000 di euro (ovvero per 39.000 euro annui a testa). Mentre Alessia Bramanti, figlia di Dino, ha lavorato gratis, sostiene il padre: “Mia figlia ha dato solo un giudizio tecnico e a titolo gratuito in quanto dipendente della multinazionale che ha sviluppato la tecnologia per il servizio di Telemedicina”, spiega il leghista. La società alla quale fa riferimento Bramanti è la Dedalus spa, che dal 2013 tramite gare fornisce dei servizi al Centro Neurolesi, e dal 2016 vince l’appalto per la telemedicina, sostituendo la Gpi. E la figlia del leghista siciliano, non ancora 40enne, ingegnere elettronico prima per il Cnr di Messina e adesso per Dedalus ha svolto anche ricerche per Bonino Pulejo: “Sempre a titolo gratuito”, sottolinea ancora l’orgoglioso padre. Che non chiude a una nuova candidatura: “Se mi ricandido? Dovesse esserci convergenza nel partito, perché no?”.

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