E’ tornato in carcere l’ex deputato regionale Paolo Ruggirello, guarito dal coronavirus contratto a inizio aprile. Nei giorni scorsi il suo nome era finito nel lungo elenco di detenuti per mafia che stavano per finire ai domiciliari. Per i suoi avvocati “ha mostrato segni di crollo psicologico” durante la permanenza in ospedale, ma per il Tribunale di Trapani è “compatibile con il regime carcerario”. Accusato di associazione mafiosa, fu arrestato lo scorso anno in una delle retate sui complici del latitante Matteo Messina Denaro, in cui finirono in manette anche i fratelli Francesco e Pietro Virga, eredi del boss Vincenzo, arrestato da latitante nel 2001. In piena emergenza coronavirus il suo divenne un piccolo caso, anche in seguito a una campagna stampa supportata dai suoi familiari e alimentata dal Garante dei detenuti della Campania: il 5 aprile risultò positivo al covid. Adesso, dopo quarantacinque giorni trascorsi all’ospedale Cotugno di Napoli, l’ex renziano è ritornato al penitenziario di Santa Maria Capua Vetere, così come nei giorni precedenti al ricovero.

Già lo scorso 2 aprile il Tribunale di Trapani (collegio presieduto dal giudice Daniela Troja, giudici a latere Giancarlo Caruso e Oreste Fabio Marrocoli) aveva rigettato la richiesta di trasferimento ai domiciliari presentato dai legali di Ruggirello, ma all’esito del tampone gli avvocati Vito Galluffo e Carlo Taormina tornarono nuovamente a chiedere l’alleggerimento della misura. In queste settimane il Tribunale di Trapani ha monitorato i report sanitari. Le sue condizioni respiratorie sono sempre rimaste sotto controllo, ma durante i colloqui telefonici è emersa una “preoccupante depressione psicologica“. “Il 28 aprile Ruggirello veniva dimesso con diagnosi di ‘polmonite interstiziale da covid19 – disturbo di adattamento – con umore depresso”.

Pochi giorni dopo – l’8 maggio – sia il Dap che i pm della Dda di Palermo diedero parere favorevole al rientro in carcere di Ruggirello, nonostante gli avvocati sostenessero che “peraltro persistono spunti di colpa, fallimento esistenziale e preoccupazione per il futuro e continui rimurginii che inficiano la capacità di concentrazione ed attenzione”. Secondo il Tribunale di Trapani però è “possibile che il Ruggirello” sia curato in carcere.

La decisione del collegio è arrivata pochi giorni dopo l’inizio del processo in cui Ruggirello è imputato con il rito ordinario. Nelle prossime settimane però il caso finirà nuovamente nel mirino, stavolta dei giudici del Riesame di Palermo che dovranno esprimersi tenendo conto delle motivazioni depositate ieri dalla Corte di Cassazione (dispositivo emesso lo scorso 8 aprile ndr), in seguito a uno dei tanti ricorsi sulla misura cautelare preventiva, presentati dagli avvocati Vito Galluffo e Carlo Taormina. Il punto centrale è il reato contestato a Ruggirello. Per i pm della Dda di Palermo e i giudici del Tribunale di Trapani è di associazione di stampo mafioso. Sin dal primo ricorso invece il Riesame e la Cassazione riqualificano il reato in concorso esterno in associazione mafiosa. Valutazione che allontanerebbe – scrivono i giudici romani – “il ricorso in via esclusiva alla misura carceraria e che, in relazione al caso concreto, può essere soddisfatto da altre misure”, come il trasferimento ai domiciliari.

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