In aula la hanno citata un po’ tutti: Fratelli d’Italia, Forza Italia, persino Matteo Renzi. Il nome di Marta Cartabia, presidente della Corte costituzionale, è diventato una sorta di manganello per attaccare il premier Giuseppe Conte, reo – secondo le forze d’opposizione, ma anche per il leader d’Italia viva – di aver abusato di decreti del presidente del consiglio durante l’emergenza coronavirus. Cartabia, però, si smarca: “Sarebbe gravissimo – dice – che un presidente della Consulta volesse entrare nella discussione per dire ‘questo atto del governo non va bene’. Non so come si possa immaginare un atteggiamento del genere, anche per la mia storia. Vengo da un percorso accademico e a settembre quando scadrà il mio mandato tornerò alla ricerca e a insegnare. C’è una fierezza nell’essere indipendenti , prima che un dovere è una prerogativa che un giudice si deve gustare sino in fondo”.

Parole rilasciate dalla presidente della Consulta durante un’intervista alla stampa estera. E diffuse poco dopo l’intervento di Conte in Parlamento. Sia alla Camera che al Senato il premier ha risposto, tra le altre cose, alle accuse di aver forzato la Carta amministrando l’emergenza a colpi di dpcm. “Conte pretende la sospensione della Costituzione e l’assunzione dei pieni poteri, ignorando le indicazioni del Capo dello Stato, gli ammonimenti di Cassese, Baldassarre e del presidente della Corte costituzionale Marta Cartabia”, ha sostenuto alla Camera il vicecapogruppo di Fratelli d’Italia, Fabio Rampelli. “Come ha detto anche la presidente della Consulta Cartabia, nemmeno una situazione eccezionale come la presenza del Covid legittima un diritto speciale in capo al premier”, è la ricostruzione della capogruppo di Forza Italia a Montecitorio, Mariastella Gelmini. A Palazzo Madama stessa musica. “I poteri del Dpcm non esistono, gliel’ha ricordato garbatamente anche l’attuale presidente della corte costituzionale”, ha detto Ignazio La Russa, scoprendosi fiero difensore della Carta. Ma pure Renzi, l’uomo che la Costituzione voleva riscriverla, si è trovato a usato il nome della presidente della Consulta nel suo “ultimo appello” al premier. “La presidente Cartabia ha detto con chiarezza che in queste situazioni di emergenza la Costituzione è la bussola: nemmeno durante il terrorismo abbiamo derogato così tanto alla Costituzione. Richiamarla a un uso più prudente dei dpcm non è lesa maestà”, sono le parole dell’ex segretario del Pd.

Il riferimento comune è a quanto scritto da Cartabia nella relazione sull’attività della Corte costituzionale nel 2019: “La Costituzione non contempla un diritto speciale per i tempi eccezionali, e ciò per una scelta consapevole, ma offre la bussola anche per ‘navigare per l’alto mare aperto’ nei tempi di crisi, a cominciare proprio dalla leale collaborazione fra le istituzioni, che è la proiezione istituzionale della solidarietà tra i cittadini”. Parole che in Parlamento le forze politiche hanno piegato a una semplice – ed irrituale – critica al governo. “Sono stata veramente sorpresa e anche dispiaciuta che questo richiamo al ripartire dalla Costituzione abbia potuto essere speso in riferimento a singole contese di tipo politico in corso. E’ davvero inappropriato attribuire al presidente della Corte costituzionale l’intendimento di scendere nell’agone politico. Se c’è un principio che un presidente tiene a preservare è proprio quello di essere super partes”, ha detto la presidente della Corte costituzionale. “Non so chi abbia voluto leggere un’indicazione di tipo politico – aggiunge – C’è un detto italiano che dice la bellezza è negli occhi di chi guarda l’oggetto. Alcune intenzioni dipendono dalla lettura che se ne vuole dare, ma occorre tenere distinte le opinioni personali dai dati della realtà“.

La presidente della Consulta difende ovviamente quella frase: “E’ compito del presidente della Consulta ricordare i principi costituzionali e dire che occorre ripartire dalla Costituzione perchè è una bussola era semplicemente doveroso” . “Ieri – ha continuato Cartabia – prima ancora che ci fossero questi fraintendimenti, avevo rilasciato un’intervista al Corriere della Sera in cui era spiegato bene il significato delle mie parole: era un richiamo ai principi, non l’applicazione di quei principi a casi concreti. In secondo luogo ho detto che non esiste lo stato di eccezione: è un’affermazione quasi ovvia che qualunque professore direbbe ai suoi studenti del primo anno. E ho anche specificato che il fatto che la Costituzione non preveda lo stato di eccezione non significa che sia insensibile al contesto della realtà. I principi costituzionali sono finestre aperte sulla realtà: restano principi ma si declinano in modo diverso”.

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