Le misure prese per il contenimento del coronavirus “sono in grado di generare uno shock rilevante e diffuso sull’intero sistema produttivo“. È l’analisi dell’Istat nel focus dedicato all’emergenza contenuto nella nota mensile. L’Istituto spiega che sulla base dei dati di contabilità nazionale, “la limitazione delle attività produttive coinvolgerebbe il 34% della produzione“, quindi oltre un terzo, e “il 27,1% del valore aggiunto”. Sono sospese “le attività di 2,2 milioni di imprese, il 49% del totale”. L’intensità della crisi risulta più profonda delle precedenti, visto il crollo della fiducia di famiglie e imprese, già a marzo, andando anche oltre ai minimi del 2008. “Lo scenario internazionale è dominato dall’emergenza sanitaria. Le necessarie misure di contenimento del Covid-19 stanno causando uno shock generalizzato, senza precedenti storici, che coinvolge sia l’offerta sia la domanda”, ribadisce l’Istat nella nota mensile, confermando in sostanza quanto già preannunciato in occasione delle valutazioni dell’Istituto sul decreto Cura Italia.

Calo dei consumi: due scenari – Sono le prime previsioni sull’impatto del Covid-19. Si parla di uno shock generalizzato, spiega l’Istat, perché “oltre agli effetti diretti connessi alla sospensione dell’attività nei settori coinvolti nei provvedimenti, il sistema produttivo subirebbe anche gli effetti indiretti legati alle relazioni intersettoriali”. “Le misure volte a limitare il contagio da Covid-19 hanno portato, nelle ultime settimane, alla progressiva chiusura, parziale o totale, di un elevato numero di attività produttive“, rileva l’Istat, aggiungendo che se le limitazioni durassero solo fino alla fine di aprile, determinerebbero “una riduzione dei consumi finali pari al 4,1%” su base annua. In un secondo scenario, invece, in cui queste misure restrittive rimangono in vigore anche a maggio e giugno, “la riduzione dei consumi sarebbe del 9,9%, con una contrazione complessiva del valore aggiunto pari al 4,5%“.

La prima spia: il crollo della fiducia – Il focus dell’Istat arriva in un momento in cui sono sospese “le attività di 2,2 milioni di imprese (il 49% del totale, il 65% nel caso delle imprese esportatrici), con un’occupazione di 7,4 milioni di addetti (44,3%) di cui 4,9 milioni di dipendenti (il 42,1%)”. L’obiettivo è misurare i possibili effetti economici della crisi. Il primo dato disponibile è quello che misura la fiducia di famiglie e imprese: già a marzo risulta peggiore rispetto a dicembre 2008 e anche a settembre 2011, quando scoppio la crisi dei debiti sovrani.

Gli effetti del lockdown sulla produzione – Fra i settori coinvolti nel lockdown, sottolinea l’Istat, “quelli riferiti ai servizi commerciali e alla ‘socializzazione’ contribuirebbero maggiormente alla caduta complessiva del valore aggiunto“. In uno scenario di chiusura prolungata fino a fine giugno, l’effetto generato dalla contrazione dei consumi di questi due comparti rappresenterebbe circa tre quarti di quello complessivo, interessando potenzialmente 608mila occupati. In particolare, sarebbero fortemente colpiti i settori della cultura (-16,4%) e dell’intrattenimento (-12,7%), oltre al commercio al dettaglio (-6,7%). “I risultati presentati non tengono conto della possibilità che alcune spese, relative a beni durevoli, possano essere differite nel tempo dalle famiglie e non totalmente annullate”, spiega però l’Istat. Ciò significa che, a determinate condizioni, parte della contrazione stimata dei consumi potrebbe essere recuperata una volta terminati i provvedimenti di chiusura.

Vendite a febbraio +0,8%, + 5,7 su base annua – La nota mensile dell’Istat sul commercio al dettaglio stima invece che a febbraio 2020 le vendite al dettaglio hanno registrato un aumento mensile dello 0,8% in valore e dello 0,9% in volume. Nel confronto rispetto a un anno fa, la crescita è del 5,7% in valore e del 5,8% in volume. Sono in aumento sia le vendite dei beni alimentari (+1,1% in valore e +1,2% in volume), sia quelle dei beni non alimentari (+0,5% in valore). Per l’Istat gli indici risentono di quanto accaduto a partire dalla fine del mese, quando la diffusione del Covid-19 ha presumibilmente provocato una crescita degli acquisti in alcuni settori. In particolare, gli incrementi maggiori riguardano Generi casalinghi durevoli e non durevoli (+7,6%) e Utensileria per la casa e la ferramenta (+6,3%) mentre l’aumento minore si registra per Cartoleria, libri, giornali e riviste (+1,0%).

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