Nel giro di una settimana gli ospedali in tutta Europa potrebbero esaurire i farmaci necessari ai pazienti Covid-19 più gravi: è l’allarme lanciato dalla Commissione europea in una lettera riservata ottenuta in esclusiva dal Bureau of Investigative journalism (Tbij) e che pubblichiamo in esclusiva per il Fatto. I pazienti gravemente malati di Covid-19 richiedono la terapia intensiva. Per tenerli attaccati al ventilatore polmonare possono essere necessari fino a 50 diversi medicinali, compresi quelli per l’intubazione e la sedazione, oltre a farmaci cardiaci, respiratori e antimicrobici. I pazienti più gravi possono rimanere attaccati a un ventilatore per diverse settimane. Un aspetto che rappresenta una duplice sfida per gli ospedali: con un numero maggiore di pazienti che necessitano di ventilatori per un tempo più lungo del solito, sono necessari molti più farmaci.

L’aumento della domanda di questi medicinali sta per prosciugare le scorte in molti ospedali e i farmacisti ospedalieri non riescono facilmente a reintegrare le forniture. Una situazione che sta costringendo il personale ospedaliero a utilizzare farmaci alternativi o meno familiari ai medici. Alcuni di questi possono portare a sedazioni più intense. Il timore è che questa situazione aumenti il numero di persone che soffrono di effetti collaterali, tra cui il cosiddetto delirio da terapia intensiva (Icu), una condizione potenzialmente letale in cui i pazienti soffrono di allucinazioni e disturbo da stress post-traumatico (Ptsd).

All’inizio di aprile, la Commissaria europea per la Salute e la Sicurezza alimentare, Stella Kyriakides, ha scritto alle aziende farmaceutiche chiedendo loro di aumentare la produzione dei medicinali necessari per la cura dei pazienti Covid, come rivela la lettera scovata dal Tbij e raccontata nella prima di una serie di storie che evidenziano la fragilità della catena mondiale di approvvigionamento di farmaci. Il documento dimostra che vi sono già forti carenze di farmaci tra cui sedativi, antidolorifici, miorilassanti, antibiotici, antivirali e antimalarici necessari per trattare i pazienti con Covid-19 in Francia, Svezia, Portogallo, Lussemburgo, Norvegia, Slovacchia, Irlanda, Austria, Repubblica Ceca e Malta. Presto questi farmaci potrebbero scarseggiare anche in Belgio, Germania, Croazia, Ungheria, Paesi Bassi, Polonia, Liechtenstein, Finlandia, Grecia, Cipro ed Estonia.

La scorsa settimana, l’Organizzazione britannica per la terapia intensiva (the Faculty of intensive care medicine), le associazioni mediche di terapia intensiva britanniche (come l’Anesthetists Intensive Care Society, Association of Anaesthetists e il Royal College of Anaesthetists) hanno rilasciato nuove linee guida su come gestire la crescente domanda di farmaci di terapia intensiva durante la pandemia per il personale in prima linea nel Regno Unito. Include consigli su come centellinare i farmaci somministrandoli in modo diverso o passando a prodotti alternativi.

Greg Barton, presidente dell’associazione britannica UK Clinical Pharmacy Association per la terapia intensiva, ha avvertito che la pandemia porterà la pratica anestetica “indietro di 20 anni”: i pazienti avranno bisogno di una sedazione più pesante in terapia intensiva a causa dello scarso numero di infermieri disponibili. Ha poi avvertito che c’è un legame tra l’utilizzo dei farmaci per la sedazione profonda – midazolam e morfina – e le sindromi da stress post traumatico e delirio da terapia intensiva (Icu), una condizione che può portare a compromissione cognitiva e morte precoce. “In tempi normali, la prassi è cercare di avere il paziente il più vigile e sveglio possibile”, ha detto Barton durante un seminario online sulle pratiche di terapia intensiva dedicato ai farmacisti. Sedare eccessivamente i pazienti vuol dire anche tenerli più a lungo in terapia intensiva attaccati ai ventilatori, aumentando così la loro probabilità di contrarre infezioni. Questa condizione rende più difficile curarli secondo la prassi medica attuale.

La mancanza di farmaci è diventata un “fattore limitante” nella cura dei pazienti Covid-19, oltre alla carenza di ventilatori e dispositivi di protezione individuale, ha spiegato la lega europea degli ospedali universitari (European University Hospital Alliance) in una lettera inviata ai governi nazionali alla fine di marzo. “È estremamente preoccupante – si legge nella missiva – che infermieri e medici ancora in tirocinio e oberati di lavoro, arruolati per colmare le lacune che la crisi Covid ha causato, debbano utilizzare farmaci e dosaggi che non sono abituati a somministrare ai pazienti”. Molti paesi hanno vietato l’esportazione di medicinali per la terapia intensiva, per prevenire le scarsità interna. La lega degli ospedali universitari ha invitato le nazioni europee a lasciare aperte le proprie frontiere al passaggio dei farmaci, in modo che possano raggiungere i pazienti che più ne hanno bisogno. Secondo la l’organizzazione, una risposta europea coordinata sarebbe necessaria se gli studi dimostrassero che farmaci come gli antimalarici o gli antivirali sono efficaci contro Covid-19.

A seguito dei blocchi, la Commissione europea ha spinto per istituire le “green lanes” – le corsie prioritarie per il trasporto di merci essenziali come i medicinali – ai valichi di frontiera in tutta Europa. Ma alcuni produttori segnalano che stanno funzionando a singhiozzo. Cosa che rappresenta un problema per le aziende produttrici. Nella sua lettera, il Commissario Kyriakides ha ribadito che esiste un “rischio imminente di carenza di medicinali ospedalieri per la terapia intensiva nel trattamento dei pazienti con Covid-19”. Ha chiesto all’industria farmaceutica di aumentare la sua produzione di farmaci necessari “con estrema urgenza“. L’elenco dei medicinali in forte carenza è stato compilato dall’Agenzia europea del farmaco (Ema) sulla base delle informazioni fornite dalle industrie stesse. L’Ema sta attualmente lavorando a un elenco ancora più ampio di farmaci in carenza ed essenziali, oltre a quella relativa al trattamento dei pazienti Covid-19.

di Madlen Davies e Laura Margottini
Bureau of investigative journalism
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