L’obiettivo è chiaro: ridurre la pressione nelle terapie intensive della Toscana e poi di tutto il resto d’Italia. Per questo all’ospedale di Livorno dal 24 marzo scorso è partita la sperimentazione del ruxolitinib, un farmaco che permette di migliorare le condizioni di pazienti affetti da insufficienza respiratoria evitando così l’intubazione tipica da Covid-19. Il farmaco, attualmente, viene usato in ematologia per le sindromi mieloproliferative croniche. Prodotto da Novartis è stato fornito con consenso Aifa in modalità off -label ed è già stato utilizzato su otto pazienti all’ospedale di Livorno e, visto il miglioramento del loro quadro clinico, la sperimentazione sarà estesa a molti altri ospedali della Toscana, da Massa a Firenze passando per Viareggio e Pisa. Manifestazioni d’interesse sono arrivate anche dalle Marche, dal Piemonte e da alcuni ospedali lombardi. Mentre in Calabria viene utilizzato dal 29 marzo.

“Otto pazienti sono una percentuale significativa, soprattutto in una fase di emergenza – racconta al fattoquotidiano.it Enrico Capochiani, direttore di Ematologia della Asl Toscana Nord-Ovest che ha fatto partire la sperimentazione – per questo spero che l’esperienza possa diventare presto disponibile in tutto il Paese”. A breve dovrebbe arrivare anche uno studio nazionale di Aifa, che ha dato l’autorizzazione alla somministrazione del farmaco, in grado di validare l’esperienza toscana così da “esportarlo” anche nelle regioni che ne hanno più necessità come la Lombardia.

“Non solo una brutta influenza” – Tutto è partito dal dottor Capochiani e dalla sua equipe: “Da molto prima dell’emergenza coronavirus proviamo a capire se ci possano essere dei legami tra patologie apparentemente molto diverse – racconta l’ematologo – per esempio tra una malattia del sangue e un’infezione virale. Mi sono incuriosito perché il Covid-19, oltre ad essere una tragedia nazionale, è anche un grande banco di prova sanitario: com’è possibile che molti pazienti, anche giovani, vadano incontro a un pesante quadro clinico nonostante in molti dicevano che era solo una brutta influenza?”.

Così il dottor Capochiani ha iniziato a studiare il percorso clinico della malattia: “Il decorso della patologia e le caratteristiche di laboratorio facevano assomigliare questa patologia più che a quella con un quadro virale classico ad altre patologie che portano alla polmonite interstiziale e all’insufficienza respiratoria di cui si parla molto in questi giorni – spiega – E allora, come utilizziamo questo farmaco per il quadro polmonare dalla sindrome emofagocitica acuta (una rara malattia del sistema immunitario, ndr) o per il cosiddetto “GVHD”, la malattia da trapianto contro l’ospite nei casi in cui il midollo trapiantato ha un iper-rigetto nei confronti dell’organismo, abbiamo deciso di utilizzarlo anche per il Covid-19”. L’effetto collaterale, nel lungo periodo, è quello di un abbassamento delle difese immunitarie ma, assicura Capochiani, “non riguarda un utilizzo così breve come 15 giorni al massimo e comunque gli effetti collaterali in questo caso sarebbero risibili rispetto a pazienti che rischiano di morire nel giro di 12 ore”.

La sperimentazione: otto pazienti migliorati – Così, dopo l’autorizzazione dell’Aifa, è partita la sperimentazione su otto pazienti: sei uomini e due donne ricoverati all’ospedale di Livorno tra i 24 e i 70 anni. Tutti e otto erano arrivati all’ospedale in condizioni di insufficienza respiratoria e secondo gli anestesisti avrebbero avuto bisogno della ventilazione assistita entro poche ore. E invece no, perché gli effetti “precoci” del ruxolitinib (circa 48 ore) non hanno reso necessaria la rianimazione e le condizioni cliniche di tutti e otto sono migliorate: “Grazie al farmaco sono state evitate complicazioni gravi e l’intubazione – continua il dottor Capochiani – Chi aveva bisogno di ossigeno adesso respira autonomamente e la febbre è scesa vertiginosamente”.

L’idea è quella di utilizzarlo nelle altre regioni, come la Lombardia che, visti i numeri, ne ha sicuramente più bisogno: “All’ospedale di Livorno siamo sotto pressione ma ci sono situazioni peggiori, soprattutto a Massa e a Lucca – spiega – per non parlare della Lombardia dove la casistica dei malati è dieci volte superiore. Io che giro per le corsie toscane ho una grande ammirazione per i colleghi della Rianimazione, delle Malattie infettive e per gli pneumologi: stanno facendo un lavoro incredibile, anche considerando che trovano il tempo per confrontarsi sui farmaci e le terapie per combattere il virus”. Ma di una cosa Capochiani è convinto: “Questa pandemia ha fatto emergere l’importanza del nostro Sistema Sanitario Nazionale e del suo carattere universalistico – conclude – spesso lo critichiamo ma, paragonandolo a quello di altri Paesi, è un’eccellenza mondiale. E quando ci rialzeremo, dovremo ripartire proprio da lì”.

Twitter: @salvini_giacomo

Articolo Precedente

Coronavirus e idrossiclorochina: il punto sulla sperimentazione domiciliare con i medici che la stanno portando avanti

next
Articolo Successivo

Coronavirus, Giovanni Rezza (Iss): “Vaccino? Alcuni sono molto avanti. Ho fiducia che virus non muterà del tutto”

next