Una API, una libreria software chiamata IAM (Installed Application Methods), presente nel sistema operativo Android, metterebbe a rischio la privacy degli utenti. La tesi è esposta in uno studio chiamato “Leave my Apps Alone! A Study on how Android Developers Access Installed Apps on User’s Device”, effettuato da un gruppo di quattro ricercatori accademici provenienti dalle Università dell’Aquila, di Amsterdam e di Zurigo, che sarà ufficialmente presentato il prossimo autunno, durante la conferenza MOBILESoft 2020 che si svolgerà nella Corea del Sud.

Le API in questione non sono frutto di hacker o virus, ma fanno parte della dotazione software del sistema operativo stesso e servono per consentire agli sviluppatori di accedere all’elenco di tutte le app installate sul sistema, al fine di individuare eventuali conflitti o incompatibilità con la propria, o al contrario, di garantire la corretta interazione tra la propria e altre app.

Foto: Depositphotos

Purtroppo però questo apre a potenziali rischi. Un malintenzionato infatti può ottenere accesso all’elenco di tutte le app installate su un dispositivo, con la possibilità di tracciare così abitudini e interessi del singolo utente. Quest’ultimo inoltre sarebbe del tutto inconsapevole perché le API di sistema come le IAM non richiedono autorizzazioni all’utente per accedere alla lista delle app, né è possibile bloccarne l’esecuzione.

Dalle analisi eseguite su 14.342 app Android pubblicate nelle categorie più popolari del Google Play Store, è così emerso che ben il 30,29% di esse, pari a 4214 app, usa le API IAM. I ricercatori inoltre hanno scoperto che almeno 1/3 delle app che sfruttano tali librerie lo fanno proprio per scopi commerciali e non strettamente tecnici, quindi proprio per analizzare la lista delle applicazioni installate su un dispositivo, al fine di “spiare” le abitudini degli utenti e raccogliere dati preziosi per la profilazione.

I ricercatori esortano dunque Google a limitare l’uso delle chiamate IAM. Secondo il team di ricerca, lo scenario migliore sarebbe quello in cui Google sottopone le chiamate IAM a una richiesta di autorizzazione all’utente, magari tramite un pop up informativo, che renda l’utente consapevole della funzione e dei rischi annessi. Al momento non si hanno notizie di risposte ufficiali da aprte di Google.

Articolo Precedente

Trust Verto, mouse verticale ergonomico in offerta su Amazon con sconto del 30%

next
Articolo Successivo

Huawei Watch GT 2e ufficiale: foto, caratteristiche e prezzi del nuovo smartwatch

next