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Yasaman, Mahienour e Loujain: il loro 8 marzo in carcere

Yasaman, Mahienour e Loujain: il loro 8 marzo in carcere
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Volendo descrivere nello spazio di un tweet la condizione della donna nella parte di mondo (Medio Oriente e Africa del Nord) cui è dedicato questo blog, potremmo concentrarci sulla sfida coraggiosa lanciata dalle attiviste per i diritti umani contro vere e proprie forme di discriminazione istituzionalizzata.

Partiamo dal bicchiere mezzo pieno. In Oman sono state rafforzate le norme per contrastare le mutilazioni dei genitali femminili. In Giordania è entrato pienamente in funzione il primo rifugio per le donne che rischiano di essere uccise dai loro familiari per motivi di “onore”.

In Tunisia un nuovo meccanismo giudiziario creato per ricevere denunce di violenza domestica ha ricevuto decine di migliaia di segnalazioni. Il parlamento dell’Iran ha approvato una legge che consente alle donne sposate con stranieri di trasmettere la cittadinanza iraniana ai loro figli. In Arabia Saudita sono state abrogate molte limitazioni all’autonomia di scelta delle donne e regole discriminatorie relative alla partecipazione alla vita sociale.

Ma è proprio vedendo cos’altro è successo in questi ultimi due paesi che il bicchiere si scopre mezzo vuoto.

Perché non potessero danneggiare la campagna di pubbliche relazioni del “riformista” principe della Corona dell’Arabia Saudita Mohamed bin Salman, cinque attiviste per i diritti delle donne hanno trascorso tutto il 2019 in prigione. E lì restano ancora oggi.

In Iran, la repressione contro le attiviste che hanno osato sfidare l’obbligo di portare il velo in pubblico ha raggiunto nuovi picchi di crudeltà, con condanne al carcere e alle frustate per i “reati” di corruzione e prostituzione.

In questo Otto marzo voglio ricordare il coraggio di tre donne: Yasaman Aryani, condannata a 10 anni in Iran per aver preso parte alla campagna contro il velo; Mahienour el-Masri, avvocata egiziana arrestata lo scorso settembre e tuttora in detenzione preventiva; e Loujain al-Hathloul, attivista saudita per il diritto delle donne alla guida, ormai da un anno in carcere dove ha subito molestie sessuali e torture.

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