Alla fine ha prevalso la continuità. Il nuovo procuratore di Roma è Michele Prestipino. A nominarlo il plenum del Csm che dunque ha scelto di risolvere la questione capitolina affidandosi allo storico braccio destro di Giuseppe Pignatone, l’ex procuratore andato in pensione nel maggio scorso. Prestipino è stato l’aggiunto di Pignatone a Roma e a Reggio Calabria, mentre in precedenza i due avevano lavorato a stretto contatto a Palermo per un decennio. Per dieci mesi il posto vacante di capo dell’ufficio inquirente capitolino è stato retto dallo stessso Prestipino, il più anziano dei procuratori aggiunti al palazzaccio di piazzale Clodio.

Il voto al Csm – Come previsto la nomina del nuovo procuratore capo di Roma è stata decisa dal ballottaggio. Al primo turno, infatti, nessuno dei tre candidati in corsa ha raggiunto la maggioranza assoluta. Nell’aula Bachelet di Palazzo dei Marescialli Prestipino ha sconfitto il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi per 14 voti a 8. Escluso dal ballottaggio invece il procuratore capo di Firenze Giuseppe Creazzo. A far vincere Prestipino sono stati i voti dei cinque togati di Area, la corrente di sinistra delle toghe, i tre di Unicost, la corrente di centro che al primo giro avevano sostenuto i Creazzo, 3 consiglieri di Autonomia e Indipendenza (Piercamillo Davigo, Giuseppe Marra e Ilaria Pepe) e due laici del M5S, Alberto Maria Benedetti e Fulvio Gigliotti, e il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi. A favore di Lo Voi hanno votato invece i tre togati di Magistratura Indipendente, la corrente di destra delle toghe, il primo presidente della Cassazione Giovanni Mammone, i 2 laici di Forza Italia Michele Cerabona e Alessio Lanzi e il laico del M5S Filippo Donati. Astenuti i togati Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo, entrambi eletti con Autonomia e Indipendenza, e il laico della Lega, Emanuele Basile. Non ha partecipato la voto il vice presidente del Csm, David Ermini.

Chi è il nuovo procuratore – Nato nel 1957 a Roma da genitori siciliani (di Gioiosa Marea, in provincia di Messina), appassionato di filosofia teoretica (“Mio padre insegnava Filosofia teoretica a Macerata. Io avrei voluto studiare filosofia, ma poi mi iscrissi a Giurisprudenza”, raccontò in una delle rare interviste concesse) Prestipino entra in magistratura nel 1984. Primi incarichi ad Avezzano e a L’Aquila, poi nel 1995 sceglie di trasferirsi a Palermo. Nel capoluogo siciliano diventa tra i fidatissimi dell’allora procuratore aggiunto Pignatone. Insieme a Marzia Sabella coordina le indagini che l’11 aprile del 2006 portano alla cattura di Bernando Provenzano, latitante da 43 anni. Con Pietro Grasso da procuratore capo, segue le indagini sulle cosiddette “talpe” in Procura. Nel 2008 segue Pignatone a Reggio Calabria dove lavora con Nicola Gratteri, all’epoca procuratore aggiunto, all’indagine Crimine e inizia a delineare le ramificazioni in Nord Italia della ‘ndrangheta. Quindi il passaggio nella Capitale nel 2014 dove coordina l’indagine Gramigna, che porta al maxiprocesso al clan dei Casamonica, e quella sul Grande Raccordo Criminale, sui narcotrafficanti guidati Fabrizio “Diabolik” Piscitelli, ucciso il 7 agosto scorso. A Roma torna a occuparsi di clan: è uno dei pm dell’inchiesta Mafia capitale e di quella che porta al maxi processo agli Spada di Ostia.

Lo scandalo nomine – La scelta da parte del Csm, giunge dopo una delle stagioni più difficili di sempre per Palazzo dei Marescialli, la cui autorevolezza è stata messa a dura prova dal cosiddetto ‘scandalo nomine‘. Cinque consiglieri si sono dimessi nel 2019, dopo la pubblicazione delle intercettazioni legate all’inchiesta di Perugia e registrate la notte del 9 maggio scorso, attraverso il trojan installato nel cellulare dell’indagato Luca Palamara. Il captatore aveva registrato l’incontro dei cinque con i deputati del Pd Luca Lotti e Cosimo Ferri, quest’ultimo poi passato con Italia Viva. Durante quell’incontro si discuteva appunto delle strategie da adottare per influire sulla nomina del nuovo procuratore capo di Roma. “Si vira su Viola”, disse a un certo punto Lotti, sul quale pendeva all’epoca una richiesta di rinvio a giudizio da parte della procura di Roma nell’inchiesta sulla Consip. In pratica Lotti partecipava alle discussioni sul futuro capo dell’ufficio inquirente che avrebbe voluto processarlo: l’ex ministro è stato poi rinviato a giudizio per favoreggiamento. Durante quella riunione Lotti si esprimeva in maniera negativa su Creazzo, procuratore capo di Firenze titolare delle inchieste sui genitori di Matteo Renzi. “Cioè, l’ unico che se ne va… e noi te lo dobbiamo togliere dai coglioni il prima possibile“, “Ma secondo te poi Creazzo, una volta che perde Roma, ci vuole andà a Reggio Calabria o no, secondo voi?”. “Gli va messa paura con l’ altra storia, no? Liberi Firenze, no?”: sono solo alcune delle frasi pronunciate quella sera. A Roma, però, resterà Prestipino: Creazzo non libererà Firente.

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