Il processo di primo grado sulla richiesta di estradizione negli Usa di Julian Assange è iniziato dinanzi alla Woolwich Crown Court, alla periferia di Londra. Da dieci anni gli Stati Uniti inseguono il fondatore di Wikileaks a causa della pubblicazione di una grande mole di documenti riservati imbarazzanti per le forze armate e la diplomazia americana, compresi quelli sottratti dagli archivi del Pentagono dalla wistleblower Chelsea Manning. L’iter che porterà alla decisione della giustizia britannica durerà diversi mesi.

Assange ha vissuto per anni all’interno dell’ambasciata dell’Ecuador a Londra. Si è scoperto in seguito che i colloqui riservati con i suoi legali britannici sono stati segretamente registrati. Un fatto che, ad avviso del deputato indipendente Andrew Wilkie, che ha incontrato il fondatore di Wikileaks in carcere a Londra la settimana scorsa, dovrebbe imporre ai tribunali britannici di respingere la richiesta di estradizione.

Assange, che è cittadino australiano, negli Stati Uniti dovrebbe affrontare varie accuse di spionaggio, passibili di condanne a vita. Una ditta spagnola di sicurezza è sotto indagine, accusata di aver spiato su Assange mentre viveva nell’ambasciata ecuadoriana, passando a enti Usa di intelligence centinaia di ore di registrazione e altri dati. “Se la corte britannica non abbandona il procedimento alla luce di queste rivelazioni, mette in dubbio la sua neutralità. Si aggiungerebbe un’estrema ingiustizia a quelle che Julian continua a subire”, ha aggiunto Wilkie.

Al momento sono previste cinque udienze, fino al 28 febbraio e poi la conclusione a maggio. Alla fine ci sarà una sentenza appellabile con una decisione ultima attesa verso fine 2020. Folto il pubblico dei sostenitori fuori e dentro l’aula, incluso suo padre John Shipton. La giornata di è riservata all’introduzione dell’avvocato John Lewis, che rappresenta le autorità Usa, chiamato a sintetizzare le “ragioni” della richiesta di estradizione.

Il governo conservatore di Londra ha già fatto sapere di essere pronto a consegnare l’attivista australiano a Washington, malgrado le proteste e e le denunce, ma ha bisogno del visto giudiziario. Il fondatore di Wikileaks, arrestato l’anno scorso dopo essersi visto revocare l’asilo che aveva avuto per oltre 6 anni nell’ambasciata ecuadoriana, è intanto destinato a restare detenuto nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, pur avendo finito di scontare l’unica pena inflittagli nel Regno Unito, per aver violato nel 2012 i termini della cauzione quando era sotto inchiesta per una contestata accusa di violenza sessuale avanzata contro di lui in Svezia e poi archiviata.

Additato dagli avversari come un hacker – e negli ultimi anni sospettato pure di rapporti opachi con la Russia – Assange è difeso invece da numerosi attivisti (ma anche dai vertici dell’opposizione laburista britannica) come vittima di “una persecuzione politica” e contro la libertà d’informazione: contro l’estradizione si sono pronunciati in una petizione oltre 1200 giornalisti di tutto il mondo (qui il testo e l’appello), oltre ad Amnesty International e una commissione di esperti Onu dei diritti umani che ne ha denunciato la detenzione protratta come una forma di “tortura”.

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