La rivoluzione (impossibile) che tutti sognano: il Var utilizzato “a chiamata” per eliminare la discrezionalità degli arbitri, che ha dimostrato di essere in grado di neutralizzare persino la tecnologia. I tifosi ci sperano, allenatori e società lo chiedono a gran voce. E l’Italia ha intenzione di provarci: la FederCalcio di Gabriele Gravina ha chiesto alla Fifa di sperimentare in futuro il challenge. Come e quando ancora non si sa, probabilmente mai perché l’ultima parola spetta ai grandi capi del pallone mondiale, che fin qui si sono sempre detti contrari. Ma è un primo passo.

L’Italia è da sempre in prima linea nella sperimentazione della tecnologia. Grazie al “vecchio” Carlo Tavecchio, che oltre alla mancata qualificazione ai Mondiali ha lasciato in eredità al nostro calcio anche la “moviola in campo”, di questo gli va dato atto: fu lui a spingere perché il Var debuttasse in Italia-Francia nel 2016 (prima amichevole internazionale) e in Serie A dal 2017 (primo grande torneo europeo). A Coverciano dal 2018 è aperto il primo centro di formazione Var al mondo. Adesso il presidente Gravina vuole continuare la tradizione.

La Figc ha scritto alla Fifa (anzi, per la precisione la lettera partirà la settimana prossima) per chiedere di introdurre il challenge nel nostro campionato. È un modello discusso da tempo, che esiste già in altri sport, come tennis e basket ad esempio: prevede che il ricorso all’on field review non sia più esclusivo appannaggio dell’arbitro, ma anche delle squadre. Come, quante volte, con che tempistiche non è ancora chiaro: l’Italia non ha una sua proposta, né spetta a lei elaborarla, ma all’Ifab, l’International Football Association Board, l’organismo che da sempre stabilisce le regole del calcio. Il problema è che loro sono contrari, fin qui in maniera categorica. Svariate le obiezioni: la più inflazionata è che si tratta di uno strumento consentito solo negli sport non continuativi, mentre nel calcio finirebbe per rompere il ritmo delle partite, ma è evidente che ci sia di più dietro, la solita lotta per non toccare il potere della classe arbitrale.

In questo quadro, sulla spinta delle recenti polemiche e le richieste di diverse società di Serie A, si inserisce l’iniziativa della FederCalcio. Per il momento farsi avanti per una sperimentazione che non è all’ordine del giorno è soprattutto un gesto simbolico: dare la propria disponibilità significa innanzitutto dichiarare pubblicamente di essere a favore, tentare di creare un movimento d’opinione. Funzionerà? Le prime indicazioni arriveranno a marzo, quando è in calendario la prossima riunione dell’Ifab, che si ritroverà sul tavolo anche la lettera firmata dalla Figc: possibile che la butti nel cestino senza nemmeno leggerla. Ma d’altra parte fino a 5 anni anche pensare alla moviola in campo sembrava impossibile ed ora è realtà.

Intanto il calcio italiano può comunque provare a migliorare da solo, ed è quello che intende fare Gravina. La lettera all’Ifab non è l’unica iniziativa: il n. 1 della Figc ha anche chiesto al designatore Nicola Rizzoli di dare mandato ai italiani di “intensificare il ricorso all’on field review nei casi controversi”. Tradotto: nel dubbio d’ora in poi meglio andare una volta in più che una in meno al Var. Esattamente il contrario di quanto successo nella prima metà di stagione. Una mossa per “non alimentare polemiche strumentali che intacchino l’immagine del nostro campionato, che si appresta ad entrare nella fase cruciale”. In fondo, forse basterebbe questo per godersi quello che potrebbe essere uno dei finali di stagione più belli degli ultimi anni. Arbitri permettendo.

Twitter: @lVendemiale

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