Non amo parlare di questioni religiose. Considero la grande maggioranza dei teologi un incitamento all’ateismo. Spesso quanti si occupano di temi religiosi svelano una morbosità, una capziosità che non si concilia con la religiosità, una dote per tutti, che tocca la capacità di portare Dio nella propria vita, non saper discutere. La religione è una cosa seria, sono fatti ed atti concreti, esempi e non parole in libertà. Le donne e gli uomini già traballano con Dio al loro fianco, figuriamoci senza. Ma sono tempi molto duri per la Chiesa cattolica, come tacere? Come non esprimere le proprie difficoltà? Non c’è giorno che passi senza leggere notizie più o meno scandalose, più o meno distruttive della reputazione della Chiesa Cattolica, dei preti, dei vescovi, dei cardinali, delle istituzioni religiose, perfino del Pontefice (il successore di Pietro!), il fondamento della Fede, aspetti dottrinali non secondari, non pizza e fichi.

Ho paura, sinceramente non so a chi rivolgermi. Gli uomini senza Dio sono morti, ma anche Dio da solo, se non viene capito dagli uomini, che può fare? La Chiesa, da sempre, è la Grande Meretrice (Apocalisse) ci vorrà di sicuro pazienza. Però nella sua secolare storia ha vissuto periodi più facili di questi. Scomparso Woytila – che sembrava aver restituito forza e prestigio universale a un’istituzione indebolita dalle tempeste degli anni 60 e 70 – le vecchie crepe sono riaffiorate e clamorosamente sono esplose con l’inedita vicenda delle “dimissioni” di papa Ratzinger. Poi è stata la volta di un Pontefice certamente atipico, non solo per la provenienza geografica. Ma la chiesa non è fatta solo dai papi.

Amo i sacerdoti dalle forti inclinazioni spirituali, quelli che riescono a comunicare concretamente il Mistero. Solo il Mistero persuade, solo il Mistero riesce ad elevare la vita, non le soluzioni pratiche spicce. In questo siamo in buona compagnia, anche Gesù tra le due sorelle di Lazzaro non preferiva la sfaticona. Francesco è un papa difficile, ha le sue preferenze, la sua visione del mondo, è un gesuita, come tutti i seguaci di S. Ignazio di Loyola, abituato a sporcarsi le mani nel mondo, a seguire una logica raffinata, a esplorare strade nuove, difficile da comprendere a volte. Ma è il Papa, come può un cristiano discuterlo, o peggio criticarlo? Come è possibile non rendersi conto che l’unità, non formale, è il requisito più importante della Chiesa?

È vero, la Chiesa è destinata a durare in eterno (“limina inferi non prevalebunt”), ma questo non può tranquillizzarci. Se la Chiesa è in crisi, la colpa non può essere degli atei o degli islamici. Il fatto è che la secolarizzazione avrà anche i suoi aspetti positivi, ma sembra (per il momento) che i cattolici abbiano scelto i peggiori e se li siano portati in casa.

Così mentre i valori morali frantumati e relativizzati sono sempre più esclusi dai criteri cui ispirare la convivenza civile, mentre le famiglie (pietra d’angolo della Chiesa) brancolano nel buio, le istituzioni religiose, gli stessi religiosi si azzuffano pubblicamente, a tratti si insultano, assurgono a fama vergognosa per comportamenti (non solo in campo della morale sessuale, ma soprattutto in quella civile) inaccettabili. Così mi viene in mente quel parroco che ci ricordava che “solo con l’esempio si persuade”, o la mia nonna che era solita dire che “piuttosto di dare scandalo meglio attaccarsi un pietra al collo e buttarsi nel profondo del mare”.

Forse non serve protestare, forse non serve stracciarsi le vesti, forse non serve nemmeno pregare. Bisogna tornare ad essere umili. Non vogliamo una chiesa potente, che si imponga con la forza o con il denaro. Vogliamo una chiesa che cambi il mondo in meglio. Non vogliamo una Chiesa di folle plaudenti, ma non desideriamo nemmeno quella delle minoranze illuminate, sul tipo al quale si era rassegnato il cardinale Danielou. Vogliamo una Chiesa che esprima amore, non rancore sociale; certezze per i giovani e speranze per gli esclusi. Soprattutto vogliamo una Chiesa in cui i cattolici, tutti i cattolici, vogliano seriamente dare il buon esempio, meglio se in silenzio.

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