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Strage di Viareggio, sul processo incombe la prescrizione. I familiari delle vittime: “Perché indagare allora?”

Già cancellati i reati di incendio e lesioni colpose gravi e gravissime. Su quelli di disastro ferroviario e omicidio colposo plurimo è attesa, entro l'estate, la Cassazione. Ma se cadesse l'aggravante dell'incidente sul lavoro, anche questi ultimi sarebbero prescritti. Lasciando 32 vittime e le loro famiglie senza giustizia, dopo sette anni di udienze
Strage di Viareggio, sul processo incombe la prescrizione. I familiari delle vittime: “Perché indagare allora?”
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La strage di Viareggio potrebbe rimanere senza colpevoli, cancellati dalla prescrizione. Dopo 4 anni di indagini internazionali e 7 anni di udienze, per l’estate è atteso il passaggio in Cassazione, ma potrebbe rimanere senza colpevoli accertati il processo per la morte di 32 persone, tra cui 3 bambini, che persero la vita in seguito all’incendio del 29 giugno 2009, quando un treno carico di gpl deragliò alla stazione versiliese intorno alla mezzanotte e le fiamme avvolsero le strade intorno alla ferrovia. Secondo i giudici della Corte d’Appello di Firenze ci furono omissioni e inadempienze a vari livelli e mancava una valutazione complessiva dei rischi.

La prescrizione ha già cancellato i reati di incendio e lesioni colpose gravi e gravissime. Gli unici capi d’imputazione rimasti, ovvero il disastro ferroviario e l’omicidio colposo plurimo, sono legati al filo dell’aggravante dell’incidente sul lavoro. “L’omicidio colposo sarebbe già prescritto dopo 7 anni e mezzo, ma con l’aggravante dell’incidente sul lavoro si prescriverà il 29 dicembre del 2026. Il disastro ferroviario, invece, il 29 dicembre del 2021″, spiega a ilfattoquotidiano.it l’avvocato Tiziano Nicoletti, tra i legali dei familiari delle vittime. In estate è probabilmente atteso il passaggio in Cassazione ma, se la Suprema Corte non riconoscesse l’aggravante, il processo finirebbe prescritto.

A contestare l’esistenza dell’aggravante ci sono gli avvocati dei condannati, tra i quali anche l’ex amministratore delegato di Ferrovie e Rfi Mauro Moretti, Michele Mario Elia (ex ad di Rfi) e Vincenzo Soprano (ex ad di Trenitalia). “Loro – spiega a ilfattoquotidiano.it Gabriele Dalle Luche, uno dei legali dei familiari delle vittime – hanno sempre sostenuto che non si è trattato di un incidente sul lavoro, invece è un principio cardine di questo processo”. Insieme ai tagli alla sicurezza. “La sentenza di appello ha riconosciuto che, nel trasporto di merci pericolose, ci fu un taglio progressivo degli investimenti in tecnologie per la sicurezza, passati da essere 85,6 milioni nel 2006, a 16 milioni nel 2009”, spiega Dalle Luche.

Piagentini: “Se questa è la giustizia, allora meglio non farli i processi”

“Ancora una volta, la prescrizione diventa non un modo per dettare tempi corretti del processo, ma un colpo di spugna che cancella tutto. Pensiamo al processo anche da un punto di vista economico, se vogliamo vederla così: 10 anni tra indagini e processo; per i 3 anni e mezzo del primo grado è stato prenotato un polo fieristico; poi avvocati, magistrati, periti, tribunali impiegati, e alla fine si dice “signori miei tutti a casa, perché si prescrive”. Se questa è la giustizia, allora meglio non farli i processi”, commenta Marco Piagentini, presidente del Mondo che Vorrei, l’associazione dei familiari delle vittime.

“Sono l’unico agli arresti domiciliari”

Oltre ad aver perso la moglie Stefania Maccioni e due dei suoi tre figli, Luca e Lorenzo, di 4 e 2 anni, quella notte l’uomo riportò ustioni sul 98 per cento del corpo. Ma il reato di lesioni colpose plurime gravi e gravissime è caduto in prescrizione, proprio come l’incendio colposo. “L’ustione non è una frattura che guarisce, purtroppo. Ad oggi ci sono delle lacerazioni che permangono. Io in quel processo sono l’unico che è agli arresti domiciliari: l’estate la passo così. Non avendo più il derma normale, se mi espongo alla luce del sole rischio tumori alla pelle. Ma se pure l’incendio è andato prescritto, 32 persone di cosa sono morte?”, chiede Marco Piagentini.

Il Comitato Nazionale: “La prescrizione si fermi alla fine delle indagini”

L’Aquila, Thyssenkrupp, San Giuliano di Puglia, Moby Prince, Viareggio, Ilva: sono alcuni dei disastri rappresentati nel Comitato Nazionale “Noi non dimentichiamo”, che chiede che la prescrizione termini alla fine delle indagini, in caso di disastri colposi. “La prescrizione è giusto che intervenga nei reati che non interessano la pubblica società. Ma nei disastri colposi è nell’interesse di tutti sapere la verità e i processi devono essere celebrati. Come nel processo Eternit, un esempio clamoroso: il picco di morte – ricorda Piagentini – arriverà forse tra qualche anno e noi abbiamo già la prescrizione intervenuta, una cosa assurda. Viareggio, Rigopiano, ponte Morandi: che li iniziamo a fare i processi?”.

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