Il taser entra ufficialmente nelle dotazioni delle forze di Polizia: venerdì 17 gennaio il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto di due articoli che va a modificare il regolamento che disciplina l’impiego della pistola a impulsi elettrici. Il prossimo passo è superare il vaglio del Consiglio di Stato, per poi tornare in Cdm per l’approvazione definitiva.

La sperimentazione è partita nel settembre 2018 in dodici città italiane, così come previsto da un decreto firmato il 4 luglio dall’allora Ministro dell’Interno Matteo Salvini. Il periodo di addestramento e di prova di 70 agenti, concluso a giugno 2019, ha dato esito positivo, perciò si è passati alla fase successiva. Il suo uso dovrà sempre avvenire “nel rispetto delle necessarie cautele per la salute e l’incolumità pubblica” e secondo “principi di precauzione” condivisi con il ministero della Salute. Le linee guida per l’utilizzo, predisposte dal Dipartimento della Pubblica sicurezza, affermano chiaramente che la distanza consigliata per un tiro efficace è dai 3 ai 7 metri. La pistola elettrica spara due “dardi” che restano collegati all’arma da due fili conduttori, e va “mostrata senza essere impugnata, per far desistere il soggetto dalla condotta in atto”. Solo se il tentativo fallisce si spara il colpo, ma occorre “considerare per quanto possibile il contesto dell’intervento e i rischi associati con la caduta della persona” dopo essere stata colpita.

“Abbiamo da sempre sostenuto l’importanza del taser, guardando all’efficacia di questo strumento sia da un punto di vista di sicurezza, sia come deterrente per il malintenzionato”, ha dichiarato Stefano Paoloni, segretario generale del Sindacato Autonomo di Polizia (Sap). “Non è possibile – ha aggiunto – che dopo sei mesi dal termine della fase sperimentale si aspettino ancora delibere formali. È troppo tardi. Se sono questi i tempi con i quali si pensa di affrontare tematiche relative alla sicurezza non ci resta che sperare che tutto vada sempre per il meglio”.

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