“Si è rotto un vetro di cristallo Ho l’onore di essere un’apripista”. Per la prima volta una donna arriva al vertice della Corte costituzionale. I giudici hanno eletto presidente la giurista cattolica Marta Cartabia. Approdata alla Corte nel 2011 su nomina dell’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano, dal 2014 vicepresidente, Cartabia è docente di Diritto costituzionale all’Università Bicocca e ha un profilo internazionale per studi e pubblicazioni. Originaria della provincia di Milano, ha 56 anni ed è tra i più giovani presidenti che la Consulta abbia avuto. La presidente è stata eletta all’unanimità (14 voti a favore e sua la scheda bianca). Ma il suo mandato sarà breve, 9 mesi appena. Scadrà il 13 settembre del 2020. L’ufficio di giudice costituzionale non può durare più di nove anni.

La scorsa estate, prima della nascita del Conte bis, Cartabia aveva sfiorato un altro primato. Il suo nome era circolato come possibile premier di un governo di transizione e se la cosa fosse andata in porto sarebbe stata la prima donna nella storia italiana a ricoprire l’incarico di presidente del Consiglio. Sposata e madre di tre figli, alla Consulta è stata relatrice di importanti sentenze, come quelle sui vaccini e sull’Ilva. Il suo nome era entrato anche nella rosa di possibili ministri del governo Cottarelli, ipotizzato prima del Conte 1. E in precedenza era entrata anche nel toto-nomine per la presidenza della Repubblica.

“La decisione compatta della Corte Costituzionale mi conforta e mi sostiene moltissimo. Se ho avuto il sostegno di tutti i miei colleghi, è stato anzitutto per il sostegno esplicito ottenuto degli altri due vicepresidenti Aldo Carosi e Mario Rosario Morelli, che hanno deciso di fare un passo indietro per permettere di fare uno storico passo avanti alla nostra istituzione”. Cartabia ringrazia anche il suo predecessore Giorgio Lattanzi: “Ci ha regalato due anni di lavoro alla Consulta dinamici, attivi, davvero belli, direi gustosissimi. La sua capacità di unire è stata un fattore decisivo, grazie anche alla sua personalità e al suo atteggiamento sempre sorridente. È davvero essenziale mantenere anche nelle decisioni più difficili l’armonia della Corte”.

“La legge di bilancio è una legge chiave dello Stato: è impossibile che una democrazia non presupponga tempi adeguati di discussione” ha detto Cartabia rispondendo a una domanda. E poi “siamo in uno Stato laico e si tratta di una laicità positiva: lo Stato non è indifferente alle religioni ma equidistante”. Una riflessione anche sui femminicidi: “Un Paese in cui calano gli omicidi e non i femminicidi è un problema innanzitutto di civiltà“. Dalla nascita della Costituzione, sul piano dei diritti delle donne, è stata fatta “una lunga strada, ma il cammino è ancora incompiuto”.

La giurista ha insegnato e fatto attività di ricerca in diversi atenei in Italia e all’estero, anche negli Stati Uniti. E, come esperto, ha fatto parte di organismi europei, come l’Agenzia dei diritti fondamentali della Ue di Vienna. Allieva di Valerio Onida, Cartabia si laurea con lui (che poi diventerà presidente della Corte costituzionale) nel 1987, all’Università degli studi di Milano, discutendo una tesi sul diritto costituzionale europeo. Alla Corte costituzionale è arrivata nel 2011: terza donna dopo Fernanda Contri e Maria Rita Saulle. Di lei ha grande stima anche l’attuale capo dello Stato: i due condividono l’esperienza di giudici costituzionali per alcuni anni, in cui sono anche vicini di casa, nella foresteria della Consulta. Anni fatti anche di qualche cena insieme in un ristorante romano, “un p0′ come studenti fuorisede”, come racconterà poi lei stessa in un’intervista

Alla Consulta è relatrice di importanti verdetti su questioni controverse e che spaccano l’opinione pubblica. Come quello sui vaccini con la quale fu stabilito che l’obbligo di farli non è irragionevole, bocciando il ricorso della regione Veneto o quello sull’Ilva, che dichiarò incostituzionale il decreto del 2015 che consentiva la prosecuzione dell’attività di impresa degli stabilimenti, nonostante il sequestro disposto dall’autorità giudiziaria dopo l’infortunio mortale di un lavoratore. Ha sempre conciliato le grandi responsabilità che le sono state attribuite con la famiglia: “Penso che questo duplice aspetto della mia vita mi aiuti a mantenere un pizzico di equilibrio”, ha detto in una recente intervista. Ed è riuscita a trovare spazio anche per i suoi tanti hobby. Le piacciono tutte le attività all’aperto, jogging e trekking in testa. E ha una grande passione per la musica. Non solo quella classica, che l’ha resa un’habitué delle prime della Scala. Ma anche quella rock: quando corre con le cuffie nelle orecchie, la carica gliela danno i Beatles e i Metallica.

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