di Andrea Taffi

Il ministro della giustizia Alfonso Bonafede (che io stimo e apprezzo) sulla legge di riforma della prescrizione (quella che entrerà in vigore il 1 gennaio 2020) ha detto una cosa sacrosanta: nonostante le forze politiche che compongono il governo siano tutte d’accordo, mantengono una posizione ambigua e tale da determinare una posizione di stallo.

Sì, perché il principio che il termine di prescrizione di un reato si interrompa dopo la sentenza di primo grado, evitando così strumentalizzazioni dell’imputato sulla durata del suo processo e sul raggiungimento dell’assoluzione senza un giudizio sul merito – in barba alle vittime del reato -, non può non essere condiviso da forze politiche che si professano (anche se al minimo sindacale) di sinistra. Diverso il discorso per le destre.

Eppure la legge sulla riforma della prescrizione è osteggiata dal Pd (per non parlare di Italia Viva) che (in teoria) dovrebbe plaudire a una simile legge, non fosse altro perché Matteo Salvini, sulla quella stessa questione, ha preferito addirittura far cadere il governo del quale era vice premier. Si dice (è il Pd a dirlo) che riformare la prescrizione va bene (in assoluto), ma che questo non deve andare a scapito della lungaggine del processo penale, il quale con una prescrizione modificata come dice la nuova legge, rischierebbe di diventare infinito.

Io non credo che sia così, non penso che interrompere la prescrizione dopo la sentenza di primo grado allunghi il processo, anzi. Infatti, una buona (se non la maggior) parte degli appelli e poi dei ricorsi in Cassazione sono fondati solo sulla volontà di allungare il processo nella speranza da parte dell’imputato di sentire un giudice dichiarare la intervenuta prescrizione, dunque l’assoluzione.

Io credo, invece, che se l’imputato sa che appellare la sentenza di primo grado e poi ricorrere in Cassazione non gli garantirà la salvezza, perché incapace nel merito di dimostrare la sua innocenza, magari quello stesso imputato deciderà di patteggiare e chiudere lì le sue vicissitudini giudiziarie. E questo a tutto vantaggio di un processo che da infinito (come poteva essere) diventerà brevissimo.

Ecco, se il Pd, se Italia Viva, se chiunque altra forza politica vuole che gli imputati (non tutti, però, solo quelli che possono permettersi di pagare per anni un avvocato) continuino a strumentalizzare il principio di una prescrizione che non si interrompe dopo il primo grado di giudizio, beh, quelle forze politiche fanno qualcosa di sbagliato e oggettivamente inaccettabile. Ora, da Forza Italia, dalla Lega e dalla destra in genere una volontà del genere ce la possiamo anche aspettare.

Ma dal Pd? Dobbiamo veramente aspettarci che la sinistra (anche se annacquata come quella del Pd) voglia veramente bloccare il principio acclarato e consacrato dalla legge sulla riforma della prescrizione targata 5 stelle? E come possiamo credere che il Pd voglia fare tutto ciò al punto da allearsi a questo scopo con Forza Italia?

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