Le imprese italiane, in media, versano all’erario il 59% dei loro ricavi. Contro il 53,1% dell’anno scorso e a fronte di un carico fiscale che a livello mondiale si ferma al 40,5% e in Europa al 38,9 per cento. I dati arrivano dal nuovo rapporto Paying Taxes 2020 della Banca Mondiale e dalla società di consulenza PricewaterhouseCoopers, che fotografa un’Italia sempre più stretta nelle maglie del fisco. Il peso di tasse e contributi risulta quindi molto più alto che nel resto d’Europa, penalizzando le imprese italiane rispetto a buona parte della concorrenza globale.

Lo studio analizza la facilità di pagare le imposte e l’incidenza della tassazione sull’attività produttiva in 189 economie. In quale metà della classifica si posiziona l’Italia? Poco sorprendentemente nella seconda, al 128esimo posto, staccata da Albania, Bielorussia e Costa d’Avorio. L’indice chiave utilizzato nell’elaborazione è il Total tax and contribution rate (Ttcr), che rappresenta il carico totale del fisco e dei contributi sulle imprese. Il Ttcr in Italia è al 59,1% dei profitti commerciali, in crescita di sei punti dal 53,1%, tasso registrato lo scorso anno e ben al di sopra della media mondiale (40,5%) ed europea (38,9%). L’aumento dell’indice per l’Italia è riconducibile, spiega il rapporto, alla fine della decontribuzione totale per i nuovi assunti a tempo indeterminato.

Pesano molto, però, anche gli oneri amministrativi: in Italia le imprese impiegano 42 ore per la richiesta di rimborso Iva contro le 18,2 ore della media mondiale e le 7 ore a livello europeo. Sono 238 le ore complessive utilizzate per adempimenti fiscali, in linea con la media mondiale, ma superiori alla media europea. Insomma, troppe tasse e troppa burocrazia per starci dietro.

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