Potrebbe corrompere ancora. Per questo non torna libero Salvatore Buzzi, ras delle cooperative romane, per cui la Cassazione ha fatto cadere l’associazione a delinquere di stampo mafioso ma confermando la corruzione appunto. I giudici hanno rigettato l’istanza presentata dopo il verdetto della Suprema corte.

“La motivazione del rigetto è legata al fatto che secondo i giudici Buzzi potrebbe reiterare la corruzione con la nuova classe dirigente. Evidentemente la Corte d’appello ritiene, incredibilmente, che la nuova classe politica possa farsi corrompere, essendo la corruzione un tipico reato bilaterale” dicono gli avvocati Alessandro Diddi e Pier Gerardo Santoro. In appello Buzzi era stato condannato a 18 e 4 mesi, ma con la caduta del 416 bis la pena deve essere rideterminata in un nuovo processo d’appello. Anche per Massimo Carminati, che ha ottenuto la revoca del 41 bis, e altri imputati la pena dovrà essere ricalcolata.

Con l’operazione Mondo di Mezzo, denominata Mafia capitale all’inizio, gli investigatori aveva ricostruito un’organizzazione criminale attiva negli ultimi anni nella capitale: un gruppo di personaggi con un passato da Romanzo criminale e un presente nei palazzi che contano, capace di infiltrarsi e fare business nella gestione dei centri accoglienza per immigrati e dei campi nomadi, di finanziare cene e campagne elettorali con una filosofia ben precisa. “È la teoria del mondo di mezzo compà. Ci stanno, come si dice, i vivi sopra e i morti sotto e noi stiamo nel mezzo. E allora vuol dire che ci sta un mondo… un mondo in mezzo in cui tutti si incontrano… come è possibile… che ne so… che un domani io posso stare a cena con Berlusconi”, teorizzava Massimo Carminati. Un’intercettazione che diede il nome alle indagini degli investigatori.

In attesa delle motivazioni degli ermellini, si può ipotizzare che la Suprema corte abbia seguito lo schema dei giudici del primo grado. Per cui c’erano “due diversi gruppi criminali“, uno che faceva capo a Buzzi e un altro a Carminati, ma nessuna mafia. Una forma di criminalità organizzata né “autonoma” né “derivata” perché di fatto, secondo i giudici, era assente quella violenza, quella intimidazione che caratterizza le organizzazioni criminali punite con l’articolo 416 bis. E né la corruzione, per quanto pervasiva, sistematica e capace di arrivare fino al cuore della politica, poteva essere considerata alla stregua della forza intimidatrice tipica delle mafie. L’appello aveva ribaltato quella sentenza. Ma dopo la Cassazione è rimasta la sola corruzione.

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