Basta incrociare due notizie. Se proprio non si vuole fare uno sforzo di memoria e ricordare ciò che è emerso negli ultimi dieci anni in tema di malafinanza, allora riflettiamo quantomeno sui collegamenti esistenti tra due notizie apparse sui giornali nell’ultima settimana.

La prima notizia, tratta dalla ricerca “Modern family: dal 1989 a oggi com’è cambiata la famiglia in 30 anni” commissionata da BNP Paribas Cardif (particolare da non sottovalutare) condotta dall’istituto di ricerca Eumetra MR, ha portato i media a commentare l’evoluzione della famiglia italiana che finalmente vede più rischi rispetto a 30 anni fa, più preoccupata per il lavoro, per la propria sicurezza e per la sostenibilità economica futura. Preoccupazioni, paure che alimentano la necessità di protezione.

Ed ecco la notiziona: oggi quasi otto famiglie su dieci posseggono almeno una polizza.

“Un rapporto – così è riportato da Wall Street Italia – quello con l’assicurazione, giudicato positivo da ben sette famiglie su dieci (solo il 3% è critico), che evidenzia come le compagnie siano vissute sempre più come un ‘compagno di viaggio’ in grado di proteggere se stessi e i propri cari”.

E per capire ancora meglio questo processo di maturazione finanziaria degli italiani ci viene detto che, oltre all’auto (87%), il 37% delle famiglie detiene una polizza sulla casa e il 25% sulla vita, ma c’è chi ha attivato un piano di risparmio (14%) o una polizza salute (14%).

Ma quanta meraviglia? All’improvviso gli italiani sono diventati finanziariamente consapevoli! Ma hanno dimenticato che per oltre un ventennio in banca si è venduta tanta di “questa” merce che oggi nei portafogli degli italiani la probabilità che sia presente (o sia stato presente) un prodotto del genere è quasi pari al 100%?

È vero che quello di proteggersi contro i rischi è uno dei bisogni più antichi dell’uomo, ma è altrettanto vero che spesso i risparmiatori italiani non sanno neppure perché hanno sottoscritto una polizza assicurativa. Perché, lo ripetiamo da tempo, in banca non si acquistano prodotti. Nessuno (o pochi) entra in banca con l’idea precisa di comprare qualcosa. In banca, purtroppo, i prodotti si vendono solo perché c’è qualcuno che ti pressa per acquistarli. E tutto ciò è avvenuto per oltre 20 anni!

Bastava leggere con maggiore sensibilità la seconda notizia, quella riportata (chissà perché) da pochi giornali (tra cui Il Fatto Quotidiano), che evidenziava l’indagine a carico di sei manager e consulenti di UniCredit accusati di associazione a delinquere, truffa, estorsione, tentata estorsione e usura bancaria. Secondo l’inchiesta effettuata dalla GdF, le imprese venivano costrette a stipulare mutui chirografari (senza ipoteca) garantiti dai confidi, condizionati a polizze assicurative che benché facoltative, venivano presentate come “obbligatorie” dietro minaccia di non erogare il denaro o di venire segnalati alla centrali rischi della Banca d’Italia.

Nulla di nuovo per me che nel 2014 avevo denunciato quel mondo con Io so e ho le prove (Chiarelettere), un libro che negli anni successivi è poi diventato, purtroppo, un’anticipazione di una rassegna di fatti di cronaca. Una sola nota stonata in quella indagine: Unicredit (che non ha commentato l’inchiesta), secondo i pm, è parte offesa dell’indagine!

Un consiglio: i magistrati non si facessero ingannare “dall’ultima scena del film”. Quei dipendenti sono cresciuti con quella cultura, conosco nomi e cognomi dei top manager che hanno allevato ed educato i sei indagati, pesci piccolissimi di un acquario dove gli squali erano altri.

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