Ne hanno assassinato un altro, Paul Paulino Guajajara, “Guardiano della foresta” del Maranhão, nord del Brasile. Non mi piace scrivere queste righe, non mi interessa conoscere i dettagli dell’esecuzione, tanto so già che sarà stata una di quelle solite operazioni da vigliacchi, sparando alle spalle, un agguato a tradimento o cose simili. Scrivo solo per dovere sociale, anche perché, in modo sicuramente ben diverso, sono un guardiano della foresta anch’io. Faccio anch’io parte di un gruppo che si chiamava così, poi ribattezzato “Guardiani Huni Kuin”, una tribù resiliente che vive nel folto della foresta in Sud Amazzonia e con la quale collaboriamo.

Si tratta di una strage strisciante annunciata. La scorsa settimana è successo in Colombia, con altri cinque indigeni. Non c’è pietà, non c’è fine. L’unica cosa che mi sembra opportuno sottolineare è che siamo tutti responsabili, anche, anzi forse soprattutto, noi europei e occidentali in generale. Siamo noi i consumatori di legname, minerali, metalli, petrolio, risorse naturali. Ci stringe il cuore, ma nessuno rinuncia alle comodità, all’automobile per fare 500 metri, alle luci accese e tutti i comfort che ben conosciamo e di cui Paulino non ha mai usufruito.

Finché non ci sarà un cambiamento radicale e profondo nelle abitudini occidentali, nell’etica ma soprattutto nella coscienza, tutto quello che gli occidentali potranno fare – sebbene totalmente inutile – sarà diviso in due parti. Quelli che soffrono sinceramente per questa situazione, ma non intendono cambiare la coscienza e non vogliono rinunciare a nulla. E quelli che soffrono in maniera più oscura e odiano tutto e tutti e riversano il loro odio in rete, ben nascosti dietro i loro nick, prendendosela ora con i politici, ora coi giornalisti, poi con i padroni, oppure con i migranti, ieri con gli ebrei, domani con i cinesi. I buoni e gli odiatori, accomunati da una sola cosa, la schiavitù, autoalimentata, in un sistema spietato che continua a produrre zombie da una parte e morte e distruzione concrete dall’altra.

Per fortuna un barlume di speranza c’è. E non si trova di sicuro nel desolante panorama politico, bensì nel fatto che stiamo arrivando talmente al fondo che anche i più recidivi cominciano a chiedersi se non sia davvero opportuno fare un check-up della propria vita, ognuno per sé, finendola una volta per tutte di incolpare qualcun altro. Sta avvenendo.

D’altra parte capisco che questo discorso possa sembrare a molti teorico, ma francamente non riesco proprio a immaginare altre vie di uscita concrete. Diversamente, continuate pure a credere che possano arrivare “uomini forti” a togliervi le castagne dal fuoco, quasi come bambini spaventati che hanno bisogno di un supereroe, oppure accontentatevi di abbassare la testa e odiare di nascosto nel web – magari proprio quelli che invocano l’uomo forte.

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