“Era lì a portata di mano, una storia ricca, incredibile, che dalla Sicilia attraverso il mare porta in tutto il Mediterraneo e negli oceani lontani, ma ancora nessuno aveva pensato di raccontarla”. Stefania Auci descrive così l’inizio della sua avventura letteraria e umana che l’ha portata a riscoprire i Florio, la famiglia che per oltre un secolo ha scritto la storia di Palermo e della Sicilia. Mesi passati in archivio a cercare documenti, fotografie, indizi, racconti, a parlare con chiunque avesse informazioni, visitare i luoghi, le ville sontuose che segnarono la loro potenza e grandezza, così la Auci riesce a far riemergere un’epoca e la narra con un ritmo incalzante nel suo “I leoni di Sicilia. La saga dei Florio”, edito per i tipi di Nord.

Il perché della magia dei libri che scalano le classifiche non è stata ancora spiegato, ma questo volume letteralmente vola vendendo sin da subito migliaia di copie. Segreti, forse, non ce ne sono, perché il pregio di questo romanzo è la forza del racconto. Dapprima venditori di spezie, abili mercanti, armatori, imprenditori del tonno e del vino: l’ascesa dei Florio sembra inarrestabile e incarna il sogno di chi si è fatto da solo con la forza delle braccia e delle idee.

Ignazio e Paolo Florio iniziano la loro avventura a Bagnara, un paesino della Calabria dove l’unica ricchezza è il mare, hanno in società con il cognato una barca con la quale fanno il “traffico”, ma dopo l’ennesimo terremoto che distrugge la loro casa (intenso l’incipit della Auci che lo descrive) decidono di trasferirsi a Palermo, che è già una delle capitali del Mediterraneo.

Nessuno gli dà credito all’inizio, sono solo “bagnaroti”, un marchio che gli rimarrà impresso come il fuoco. Ma i Florio hanno qualcosa in più degli altri, sembrano anticipare le mosse, precorrere i tempi, arrivano per primi, sbaragliano la concorrenza e ci riescono anche quando gli equilibri politici ed economici cambiano, durante le sanguinose rivolte libertarie o le repressioni dei Borboni.

Con l’Unità d’Italia il loro avvocato è un tale Giolitti che gli assicurerà prosperità anche dopo l’avvento piemontese. Non gli viene negato nulla, neppure la nobiltà a lungo inseguita per la quale Vincenzo Florio è disposto persino a rinunciare all’amore. Ma loro sono gente autentica; spietati, è vero, ma sanno anche cedere ai sentimenti, così anche l’amore trionferà.

Insieme ai Paolo, Vincenzo e Ignazio ci sono le donne dei Florio, che sono a mio avviso le vere protagoniste della narrazione, a partire da Giuseppina per arrivare a Giulia, ma senza tralasciare nessuna delle figure femminili. Gran parte della scena è per loro, è nelle loro ansie, aspirazioni, visioni della vita, tanto che a volte la storia imprenditoriale sembra davvero fare da sfondo.

E’ dei personaggi che si innamora il lettore, sono le loro vicende anche minime, le piccole grandi tragedie a far rimanere in sospeso, attendere di voltare pagina per capire che succede. Un mix di storia, sogno, sentimenti: questo è riuscita a fare la Auci, che bene incarna le sue eroine. Ci siamo incontrati per pochi minuti ma l’impressione è chiara: dietro un’accogliente dolcezza le si legge un carattere e una determinazione degna dei “suoi” Florio.

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