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Trentino, “infiltrazioni mafiose in due cooperative che producono vino e piccoli frutti. Forse utilizzate per riciclare denaro”

La Procura e il Nucleo di Polizia economica e finanziaria della Guardia di Finanza hanno aperto un'inchiesta. Gli accertamenti stanno suscitando preoccupazione in una zona che si considera indenne da fenomeni di criminalità organizzata. I finanzieri hanno effettuato perquisizioni presso le cantine Mezzacorona, nella sede della società cooperativa Sant’Orsola e nella sede di società siciliane
Trentino, “infiltrazioni mafiose in due cooperative che producono vino e piccoli frutti. Forse utilizzate per riciclare denaro”
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L’ombra della mafia e del riciclaggio sulle attività vitivinicole in Trentino. La Procura e il Nucleo di Polizia economica e finanziaria della Guardia di Finanza hanno aperto un’inchiesta per possibili infiltrazioni mafiose in due importanti società cooperative trentine. Gli accertamenti, per il momento consistiti nell’acquisizione di documenti, stanno suscitando molta preoccupazione in una zona che si considera indenne da fenomeni di criminalità organizzata. I finanzieri hanno effettuato perquisizioni presso le cantine Mezzacorona, nella sede della società cooperativa Sant’Orsola e nella sede di società siciliane. Stanno cercando di ricostruire i rapporti commerciali legati all’acquisto di immobili e terreni, nonché di vini e piccoli frutti. E’ lo stesso procuratore capo Sandro Raimondi ad avere la titolarità del fascicolo. Il sospetto è che le cosche possano aver riciclato denaro, attraverso operazioni legate a beni, terreni e forniture di merce.

Nel caso di Sant’Orsola sono nel mirino alcuni soci in Sicilia. Il gruppo Mezzacorona nel 2001 effettuò un’importante operazione sull’isola. A Sambuca sorse la prima tenuta di Feudo Arancio, attraverso l’acquisto (attraverso la controllata Silene srl) di 255 ettari di terreno con annessa cantina. La società sborsò circa 6 milioni di euro ad Agro-Invest di Caradonna Gian Luigi & c. Sas. Nel 2003, Villa Albius acquistò da Agro-Invest un’azienda agricola di 621 ettari ad Acate, in provincia di Ragusa. In questo secondo caso il valore fu di 16 milioni di euro. Da Trapani rimbalzarono informazioni riguardanti Gianluigi Caradonna, che era nipote di Nino Salvo, uno dei famosi esattori di Salemi (Trapani), arrestato per associazione mafiosa nel 1984 (e poi deceduto), e Giuseppe Maragioglio, che secondo gli investigatori era un uomo di fiducia dei Salvo. Mezzacorona in quella occasione aveva sostenuto che non vi era nulla di illecito, anzi le proprietà erano state sottratte alle influenze mafiose.

Dalla Sant’Orsola, è trapelato che l’inchiesta intende tutelare “gli imprenditori trentini virtuosi che erano inconsapevoli dell’infiltrazione e operano nell’ambito della produzione di vino e di piccoli frutti”. Qualche mese fa il sottosegretario alla presidenza del consiglio dei ministri, Riccardo Fraccaro dei Cinquestelle, aveva dichiarato: “Anche in Trentino abbiamo dei segnali preoccupanti in particolare nel settore delle costruzioni e del porfido, dove la presenza di società collegabili a famiglie ndranghetiste è ormai conclamata”. Le cooperative hanno dichiarato la loro estraneità a qualsiasi illecito, tantomeno di stampo mafioso. Il presidente del Gruppo Mezzacorona, Luca Rigotti: “Abbiamo sempre agito correttamente e seriamente nell’impegno imprenditoriale a tutela di soci, azionisti e collaboratori. Nessuna persona del gruppo Mezzacorona risulta indagata: il gruppo ha ricevuto unicamente una richiesta da parte della Guardia di Finanza di documentazione rispetto alle proprie attività in Sicilia”.

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