Sono stati tutti assolti dalla Corte d’appello di Perugia, i tre medici che erano stati condannati per omicidio colposo per la morte del calciatore del Livorno Piermario Morosini, che a 26 anni si accasciò sul prato dello stadio Adriatico durante l’incontro di calcio Pescara-Livorno. Imputati per non aver utilizzato il defibrillatore. Imputati erano Vito Molfese, Manlio Porcellini ed Ernesto Serafini.

La Cassazione,lo scorso 10 aprile, aveva annullato la sentenza di condanna, emessa in primo grado dal tribunale di Pescara e confermata dalla Corte d’Appello dell’Aquila, disponendo il rinvio presso la Corte d’Appello di Perugia per un nuovo giudizio. Il medico del 118 di Pescara Vito Molfese era stato condannato a un anno di reclusione, mentre ai medici sociali delle rispettive squadre, Manlio Porcellini del Livorno ed Ernesto Sabatini del Pescara, erano stati inflitti otto mesi di reclusione ciascuno.

Per i giudici che avevano emesse le condanne erano tutti tenuti a usare il dispositivo. Il 14 aprile del 2012 Morosini smise di respirare e morì nell’ospedale della città adriatica in seguito all’arresto cardiaco dovuto ad una cardiomiopatia aritmogena. Un decesso che, secondo l’accusa, poteva essere scongiurato se Porcellini e Sabatini, i primi a intervenire, oppure Molfese, giunto in campo dopo due minuti e 40 secondi perché l’ambulanza del 118 venne rallentata dalla presenza di una vettura della polizia municipale davanti all’ingresso, avessero usato il defibrillatore.

Morosini svenne al 29° minuto. Per primo intervenne il medico del Livorno, poi sopraggiunse Sabatini, a seguire il medico del 118 Molfese. Porcellini praticò un massaggio cardiaco al giocatore al quale fu applicata anche una cannula per la ventilazione. Dopo una disperata corsa in ambulanza, Morosini morì nell’ospedale pescarese. Secondo la Cassazione, che ad aprile scorso ha rinviato il giudizio a Perugia, le valutazioni espresse nella sentenza di condanna, “poste alla base della ritenuta sussistenza del nesso di derivazione causale tra le condotte dei sanitari e la morte improvvisa del giovane calciatore”, “risultano da un lato carenti e dall’altro inficiate da aporie logico-argomentative”. Gli ermellini osservarono, inoltre, che nella sentenza d’appello “non sono state considerate le condizioni di concitazione e urgenza, in cui si svolse l’azione di soccorso, nella prospettiva della concreta esigibilità di una condotta diversa da parte dei medici”.

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