Immaginate una sedia a rotelle elettrica, che non necessita di pulsanti o comandi per muoversi, perché si interfaccia direttamente con il cervello del proprietario. È quello cui stanno lavorando i ricercatori del Georgia Institute of Technology, della Wichita State University (Kansas) e dell’Università del Kent in Inghilterra.

Sei pazienti sono stati dotati di un chip elettronico flessibile che si collega con un cerotto alla parte posteriore del collo. Comunica senza fili consentendo, appunto, un controllo wireless completamente portatile per sedie a rotelle. Si tratta di una soluzione sperimentale di interfaccia indossabile cervello-macchina (BMI), che potrebbe un giorno rimpiazzare gli strumenti di elettroencefalografia (EEG) convenzionali usati per misurare i segnali del cervello umano.

Crediti: GeorgiaTech

Gli esperimenti con la sedia a rotelle sono un esempio di quello che si potrebbe ottenere con soluzioni come questa, che ha le carte in regola per diventare un supporto riabilitativo per aiutare i pazienti che soffrono di SLA, ictus cronico o altre gravi disabilità motorie di controllare i propri accessori protesici. L’interesse per questa soluzione è tale che lo studio completo è stato pubblicato sulla rivista Nature Machine Intelligence.

Per realizzare questa interfaccia indossabile i ricercatori hanno combinato elettrodi a nanomembrana, elettronica flessibile e un algoritmo di apprendimento profondo. Una volta assemblati e posizionati nel punto corretto, possono aiutare le persone disabili a controllare in modalità wireless una sedia a rotelle elettrica, un computer, un piccolo veicolo robotico o altro. Cose che si possono già fare, ma che costringono i pazienti a indossare ingombranti cappucci costellati di elettrodi, da cui fuoriesce un groviglio di fili da trascinare con sé.

Crediti: GeorgiaTech

Con la nuova soluzione, ai pazienti basterà indossare una fascia per cuoio cappelluto con al suo interno tre elettrodi elastomerici, e un cerotto elettronico sulla parte posteriore del collo. Gli elettrodi nella fascia registrano i dati dell’elettroencefalografia, li comunicano alla circuiteria inclusa nel cerotto, che li elabora e li trasmette tramite Bluetooth a un tablet che può essere posizionato fino a 15 metri di distanza.

I ricercatori hanno sfruttato inoltre modelli di apprendimento profondo per identificare quali elettrodi sono più utili per la raccolta di informazioni. “Abbiamo scoperto che il modello è in grado di identificare le posizioni rilevanti […] riducendo il numero di sensori da usare, quindi i costi, e migliorando la portabilità” spiega Chee Siang Ang, docente presso l’Università del Kent.

L’apprendimento serve perché, come ha argomentato Ang, “i metodi di apprendimento profondo, comunemente usati per classificare le immagini di oggetti quotidiani e animali domestici, hanno dimostrato di funzionare molto bene anche per analizzare i segnali EEG”.

La ricerca non è terminata, in futuro i ricercatori intendono migliorare ulteriormente gli elettrodi e ampliare le funzioni al servizio delle persone con problemi motori.

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