Ha debuttato anche in Italia il 5G, la rete di quinta generazione che promette di rivoluzionare il nostro modo di comunicare e navigare con uno smartphone e con l’“Internet delle cose”. Al momento la copertura è garantita solo nelle grandi città, mentre i principali operatori telefonici stanno installando le apposite antenne un po’ ovunque lungo la penisola. Merito soprattutto della sperimentazione nazionale avviata nel 2018 (che finirà l’anno prossimo) nelle “smart cities” Prato, L’Aquila, Matera, Bari, Milano, Roma, Torino, Genova e Cagliari, poi allargata ad altri 120 piccoli comuni. Ma questa nuova tecnologia è davvero sicura per la salute umana, o nasconde delle insidie? Nel nostro paese, come nel resto del mondo, dilagano le richieste di vederci chiaro.

Spiega al Fatto.it Maurizio Martucci, portavoce nazionale dell’Alleanza italiana Stop 5G: “Non si può più continuare a negare la verità: la Iarc (l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) rivaluterà la cancerogenesi dell’elettrosmog, e nel mondo è in atto una tecnorivolta. Davanti alla Corte internazionale de L’Aja è sfilato un corteo per la sospensione del 5G, e scenderanno in piazza gli svizzeri, e lo stesso faremo qui in Italia. Il 5G avanza nonostante gli appelli di un’ampia fetta della comunità medico-scientifica. I numeri della nostra lotta? Contiamo 110 atti ufficiali prodotti tra Camera, Senato, Regioni, Province e Comuni, comprese 10 interrogazioni parlamentari, 34 approvazioni tra delibere e mozioni comunali e 9 ordinanze di sospensione del sindaco. Far finta che il problema non ci sia è ipocrita e antidemocratico: c’è in ballo la salute di tutti e il diritto di non essere irradiati. Rischiare è imperdonabile”.

Tra denunce alla procura, convegni, interrogazioni parlamentari e iniziative simboliche come il “Disconnessi Day”, gli attivisti chiedono al governo (come già fatto da alcuni sindaci) una moratoria della sperimentazione del 5G, “una tecnologia non sicura per umanità ed ecosistema che si serve di radiofrequenze inesplorate, prive di studi preliminari sul rischio per la salute della popolazione, che si troverebbe esposta alle irradiazioni di ubiquitari campi elettromagnetici a microonde millimetriche da antenne installate sui lampioni della luce, nei tombini dei marciapiedi, sui balconi dei palazzi e persino dentro le case, oltre che col wi-fi dallo spazio assicurato da satelliti in orbita e droni nel cielo – si legge in una petizione firmata da quasi 20mila persone – Milioni di nuove mini-antenne che andranno a sommarsi alle già esistenti 70mila stazioni radio base per telefonia mobile 2G, 3G, 4G, e alle decine di migliaia di wi-fi pubblici attivi. Ciò comporterà un’esposizione massiccia all’inquinamento elettromagnetico”. In Italia il limite attuale dei valori di irradiazione elettromagnetica è di 6 V/m, ma c’è chi vorrebbe “innalzarlo fino a 61 V/m (ossia, in fisica, 110 volte più di oggi)” accusano gli attivisti. L’invito è rivolto in questo caso al Parlamento: “Questa soglia massima non si tocca”. E anche il Codacons si è unito, ultimamente, alle barricate: l’associazione dei consumatori ha scritto agli ottomila sindaci tricolori e ha presentato un esposto a 104 procure della Repubblica, per indagare sui rischi per la salute del 5G.

Critici e contestatori fanno leva sull’appello internazionale sottoscritto da quasi 200 scienziati indipendenti, e sugli studi recenti dell’americano National Toxicology Program e dell’istituto Ramazzini di Bologna. Questi ultimi certificano un aumento del rischio di tumori alla testa e schwannomi maligni, a partire dal tumore cardiaco. La ricerca italiana ha sottolineato la crescita di queste patologie tra i ratti esposti all’intensità di campo più elevata, pari a 50 V/m. Allo stato attuale, però, la Iarc continua a classificare la radiofrequenza solo come un “possibile cancerogeno per l’uomo”. In un’audizione alla Camera di fine febbraio, anche l’Istituto superiore di Sanità ha ridimensionato il problema: sì, è vero, le frequenze del 5G sono più elevate di quelle tuttora usate dai nostri smartphone, e ci sarà un big-bang di celle piccole e piccolissime nelle nostre città… ma proprio per questo le potenze utilizzate saranno più basse, e le onde si fermeranno a un livello molto superficiale. Non oltre la nostra pelle. Per i consulenti dell’Iss, come riportato in quel caso da Repubblica, gli effetti sulle nostre cellule sarebbero addirittura meno impattanti di quelli delle frequenze 2G, 3G e 4G.

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