Cinema

Mostra del cinema di Venezia 2019, un commosso Pedro Almodòvar riceve il Leone d’Oro alla Carriera

“Il suo è un cinema che parla al cuore di tutti” ha esclamato il direttore della Mostra dopo aver sottolineato che Almodòvar è il cineasta spagnolo che “più di tutti ha saputo articolare la Spagna del post franchismo”

di Anna Maria Pasetti

“In Italia mi sento a casa. E alla Mostra del Cinema di Venezia devo la scoperta del mio cinema. Pertanto grazie a tutti voi!”. Così un commosso Pedro Almodòvar riceve il suo Leone d’Oro alla Carriera, entrando in quel che lui considera “l’olimpo del cinema”. Come da copione scritto, l’annunciato ma mai realizzato vincitore di Cannes 2019 approda a Venezia da trionfatore, di carriera, però.

Archiviate domande scomode (“è un risarcimento a Cannes?”) al direttore Barbera ma anche all’interessato, ciò che conta è questo riconoscimento di “life achievement” per il cineasta spagnolo più pop di sempre, lasciando sul trono di Spagna l’intoccabile Buñuel tra i principali cineasti della storia del cinema. Pedro, nato 70 anni fa (il compleanno fra un mese esatto..) nella regione de La Mancha, ha da sempre nutrito una grande attenzione all’universo femminile e non è un caso la sua consacrazione internazionale sia arrivata grazie a due titoli che parlano di donne e alle donne: Mujeres al borde de un ataque de nervios (Donne sull’orlo di una crisi di nervi, presentato proprio al Lido in concorso nel 1988 dove vinse l’Osella d’oro, accanto a un’incetta di premi inclusa una nomination all’Oscar) e Todo sobre mi madre (Tutto su mia madre) che nel 1999 gli meritò la Statuetta dall’Academy come Miglior film straniero accanto ad un’altra, semmai ancor più corposa, incetta di riconoscimenti. Offrendogli il Leone alla carriera, Barbera non ha avuto dubbi nel scegliere di mostrare l’opera che nel 1988 ne esaltò a Venezia le doti di narratore sensibile e provocatore, istrionicamente passionale e appassionato, dalla vena cromatica inesauribile e dall’ironia profonda almeno quanto i personaggi che ama tratteggiare, sempre in bilico, dalle identità ambigue, alla disperata ricerca d’amore.

“Il suo è un cinema che parla al cuore di tutti” ha esclamato il direttore della Mostra dopo aver sottolineato che Almodòvar è il cineasta spagnolo che “più di tutti ha saputo articolare la Spagna del post franchismo”. Ad aggiungersi alle ovazioni di Barbera e del pubblico ci sono state quelle della discussa presidente di giuria Lucrecia Martèl, chiamata a declamare in spagnolo la laudatiodel premio: “La tua religione, Pedro, è quell’amore” ha enunciato la regista argentina probabilmente ignorando una dichiarazione totalmente in contrasto con quelle da lei fatte contro Polanski, che poche ore prima ha a rilasciato il collega spagnolo “io distinguo l’artista dalle persona”.

Con oltre una ventina di lungometraggi, tutti da sceneggiatura scritta da sé e coprodotti col fratello Agustìn con cui ha fondato nel 1985 la casa di produzione El Deseo, Almodovar ha incantato la Croisette con l’opera autobiografica Dolor y Gloriaad oggi il suo massimo successo al botteghino italiano (è uscito lo scorso maggio) e che certamente non mancherà di comparire ai prossimi Oscar.

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