L’ultima settimana di agosto 2019 resterà negli annali della Repubblica Parlamentare per la spavalderia di un bullo che, ubriaco di sé, pensava di modificare “materialmente” – ma anche giuridicamente – la Costituzione, imponendo una repubblichetta fondata sui sondaggi in spiaggia, compiuta fuori dal Parlamento. Senza fatica alcuna, Giuseppe Conte ha forato il pallone gonfiato, andando in Parlamento e chiamando per nome le responsabilità, costringendo il cane a cuccia senza la ciotola del ricatto. Il tronfio Matteo Salvini fu costretto a mendicare il ritorno al governicchio pur di non perdere la rendita cospicua della poltrona del Ministero degli Interni. Il peggior male per un individuo è auto-considerarsi indispensabile o, peggio, necessario.

Forse entro l’8 settembre – ironia e satira della Storia! – avremo un governo M5S-Pd. L’8 settembre è data ambivalente: disfatta dell’Italia e smarrimento della sicurezza nazionale con un re in fuga e un esercito allo sbando; e, nel calendario cattolico, “Natività di Maria” che Salvini confonde con il 5 agosto, invocandone la protezione nel santuario della laicità dello Stato, facendo smorfie a beneficio di una religiosità da sub-cultura, non essendo capace di esprimere alcuna cultura di decenza e di dignità. Quando la Storia si vendica è inesorabile nella sua casualità.

Il governo nascente è un mostriciattolo bicefalo, figlio degli interessi di parte e non di una visione della Storia, in cui stanno Europa e Italia dentro un contesto mondiale. Nei giorni della crisi, le comparse di questo governicolo hanno dato di sé l’immagine di assetati di potere e poltrone, riconosciuta anche da Grillo che parlò spregiativamente di “poltronofilia“. Il governo nasce dalla “paura” di fare eleggere nel 2022 il Presidente della Repubblica dalla destra più eversiva e forse con Berlusconi seduto sullo scranno della massima Magistratura che sarebbe diventata, solo per questa eventualità, l’immagine spregevole di un indecoroso spettacolo e la fine di ogni “onore e disciplina”.

Il governo nasce per interesse di parte perché un qualsiasi Luigi Di Maio Homo quidam! – voleva incorniciarsi uomo di Stato che non è né può mai essere, non avendo né arte né parte. Segno inequivocabile del tempo di decadenza e di transizione che stiamo attraversando. Il Pd, condizionato da Matteo Renzi – lo spergiuro seriale – coglie qualsiasi circostanza e occasione per alimentare una guerra intestina come regolamenti di conti individuali, in cammino veloce verso lo scioglimento del partito con lo stesso Renzi che va a costituirsi un piccolo condominio personale di qualche «0 virgola percentuale», dopo avere giurato e spergiurato in tv di ritirarsi «dalla vita politica», qualora avesse perso il referendum costituzionale. Non solo perse, ma fu seppellito, eppure è lui che comanda le danze, costringendo Zingaretti a giravolte da ballerina semi zoppa. Carlo Calenda è già partito. Il Pd di Zingaretti, dopo avere giurato che “mai con il M5S”, dopo qualche vagito alla luna, si siede al tavolo e accetta ogni imposizione dimaiana, ragionando di “svolte discontinue”, cioè di ministeri da spartire tra correnti.

Preso atto della sconfitta di Salvini, evento benemerito a prescindere, la mia impressione è che il governo nascente è una massa di disperati, incapaci di tradurre la crisi in un fatto di enorme istituzionalità. Sarebbe bastato che la stessa sera in cui Conte si presentò al Presidente Mattarella per le dimissioni, si fossero seduti al tavolo e avessero posto la sola domanda legittima: “Secondo voi, quali sono le 7 priorità dell’Italia inquinata dal salvinismo scellerato”? Se le due parti avessero elencato le proprie politiche, partendo dalle esigenze della società disgregata e tramortita dalla paura e dalla disperazione, e avessero posto in ordine alfabetico un “ottalogo” (7+1: in ebraico significa la pienezza della perfezione), avrebbero dato non solo un segnale altissimo di dignità e di Politica al Paese, ma avrebbero dimostrato che quando la Nazione brucia, ogni interesse di parte è infimo e senza senso.

A questo punto, proprio per distanziarsi da Salvini che “invoca pieni poteri”, avrebbero dovuto fare una rosa di nomi – metà donne e metà uomini – da consegnare al presidente Mattarella e/o Conte, dicendo: “Questi sono gli orizzonti del nuovo governo, garanti della Costituzione che noi suggeriamo, rimettendoci comunque alla saggezza del Presidente della Repubblica e all’equilibrio del Presidente incaricato. Nessun nome di partito avrebbe dovuto apparire nella lista. Nessuno. Solo nomi di Donne e Uomini di grandissima levatura culturale e competenza, come ad es. Zagrebelsky, Cacciari, Settis, Montanari, Di Matteo, Magris et similia, scelti tra le diverse tendenze culturali che oggi determinano il Pensiero del nostro Paese”.

Il quale Paese ne sarebbe rimasto attonito per il metodo democratico e libero, privo di interessi di parte perché bisogna ricostruire un tessuto sociale che Salvini ha avvilito nell’odio, nella xenofobia, nel disprezzo dell’altro e nell’offesa agli Istituti democratici e costituzionale, negando il diritto internazionale e i diritti di ogni cittadino e cittadina del mondo. Riproporre come compagine Di Maio, Franceschini, Orlando, Fassino, Gentiloni, Fraccaro, Patuanelli, cariatidi del millennio passato e “Carneadi” occasionali è un brutto segno, forse irreparabile e non è detto che questa congrega, nata per l’errore di calcolo di Salvini, possa arrivare a eleggere il prossimo Presidente della Repubblica, vero punto di svolta del nostro presente e futuro.

Mi auguro che il prossimo ministro degli Interni mandi alla Lega le fatture dei costi, stipendi compresi, del gruppo di 20 assunti per gestire “la Bestia” propagandistica personale di Matteo Salvini, che costui senza problemi di coscienza ha messo a carico di tutti gli italiani, magari intensificando anche la ricerca dei 49 milioni scomparsi, di proprietà del popolo italiano.

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