Si riconoscono nel “partito del non voto“, ma non vogliono sentire parlare di “Nazareno bis“. Nè tanto meno sentirsi etichettare come inciciuoni. Eppure in Forza Italia sono sempre di più i parlamentari contrari al ritorno alle urne. Anche se ciò si dovesse tradurre in una vittoria netta del centrodestra. Il motivo è evidente a tutti: in questo momento il partito di Silvio Berlusconi ha 166 seggi in Parlamento, frutto del 14% raccolto alle politiche del 2018. Una percentuale che, stando ai sondaggi, sarebbe almeno dimezzata. Senza contare che nei collegi uninominali i candidati di Forza Italia dovrebbero cedere un bel po’ di posti sicuri all’alleato leghista, di gran lunga la prima forza della coalizione. Se si tornasse al voto, dunque, solo un terzo dei 62 senatori e 104 deputati tornerebbe in Parlamento. Che senso ha dunque uscirne quando ci sono quasi quattro anni di mandato all’orizzonte?

È per questo motivo che negli ultimi giorni Berlusconi ha quasi azzerato gli interventi pubblici in favore del ritorno alle urne. L’ex premier sa che i suoi gruppi parlamentari sono tutt’altro che uniti. Basta fare una semplice rassegna stampa. C’è chi, come l’ex Dc Gianfranco Rotondi, pensa a un “governo di raffreddamento, che faccia sgonfiare la bolla populista”. E chi, invece, come Renato Brunetta, preoccupato dai conti pubblici, invoca un “governo del presidente”, con tutti i partiti dentro, compresa la Lega, “per salvare l’Italia da una congiuntura spaventosa dal punto di vista economico-finanziario”. Il senatore Massimo Mallegni, indicato dai rumors come tra i principali promotori a palazzo Madama di un ‘gruppo di responsabili azzurri”, almeno una ventina, avverte che il “sovranismo non fa parte della nostra storia” e, siccome “Forza Italia al Senato è il secondo gruppo parlamentare, ha il dovere costituzionale di partecipare a tutte le discussioni per la formazione di un governo, consentendo a Berlusconi e non ad altri di decidere poi se parteciparvi o no”.

Insomma i forzisti al momento non hanno nessuna fretta di tornare alle urne. Anzi, molti berlusconiani sono spettatori interessati di un possibile nuovo governo – quello ipotizzato da tutti, nato da un’intesa tra Pd e M5s – che scongiuri l’interruzione anticipata della legislatura e il connesso rischio di esercizio provvisorio del bilancio. Berlusconi, ancora in Provenza ospite della figlia Marina, tornerà a Roma domani sera, o più probabilmente, mercoledì, per seguire da vicino gli sviluppi della crisi, che, secondo gli azzurri, verrà ufficializzata domani da Giuseppe Conte in occasione delle comunicazioni al Senato, senza però farsi sfiduciare dall’Aula. L’ex cavaliere, dopo l’incontro annullato con Matteo Salvini la settimana scorsa, è diventato molto più cauto. Ha smesso di invocare il ritorno alle urne e adesso attende gli eventi, giocando su più tavoli: la priorità è pensare a un centrodestra rinnovato e unito, unica formula vincente in caso di urne. A sponsorizzarla è Denis Verdini, nuovo anello di collegamento con Salvini.

La richiesta del Carroccio, di sciogliere Forza Italia in un unico listone, però, è stata bocciata dai berlusconiani. Per questo motivo l’ex premier ha capito che deve tenersi aperta una strada alternativa: una soluzione alla quale sta lavorando l’ala forzista moderata, che non vuole morire salviniana e fa capo a Gianni Letta e Antonio Tajani. In campo anche Mara Carfagna, che ha smentito di essere andata a cena con Matteo Renzi, come sostenuto dall’Huffigton post. “Non mai pregato Silvio Berlusconi di salvaguardare la mia posizione personale, per la quale non sono minimamente preoccupata. Mi preoccupano invece i rischi per il sistema Paese e per le tasche degli italiani che questa crisi al buio può causare”, dice la vicepresidente della Camera, confermando quindi il timore di un ritorno al voto. In realtà a confermare i canali tra Carfagna e i renziani era stato, qualche mese fa, Luca Lotti nelle intercettazioni con Luca Palamara: “Io – diceva il braccio destro di Renzi – sto parlando con la Carfagna, con un pezzo di Forza Italia, con un pezzo dei moderati, con un pezzo del Pd che si stacca”.

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