Come era ampiamente prevedibile la breve ed ingloriosa parentesi di governo del M5S è giunta a termine nel peggiore dei modi, con la restaurazione della destra più becera. Per come la vedo io, il partito costruito da Gianroberto Casaleggio, esperto di comunicazione mediatica, era studiato per ottenere voti, non per utilizzarli in un realistico programma di governo. La scelta di Beppe Grillo come portavoce e frontman del partito lo dimostra: un comico di grande seguito, famoso per gli spettacoli nei quali si negavano Aids, utilità dei vaccini, problematiche relative all’approvvigionamento energetico, le cui bufale si prestavano ad una propaganda politica paradossale. Preso un problema politico qualsiasi, Grillo affermava che la soluzione perfetta esisteva, ma era osteggiata da interessi commerciali capaci di corrompere i partiti di governo.

Il M5s, partito “né di destra né di sinistra”, geneticamente onesto e incorruttibile, non condizionabile da interessi esterni era l’alternativa possibile. Questa visione manichea della politica, nella quale la perfezione esiste ed è di questo mondo è irrealistica: ogni medaglia ha il suo rovescio, ogni Tap è funzionale all’approvvigionamento energetico ma costa qualcosa in termini ambientali e paesaggistici. La politica seria richiede il bisturi, non l’accetta.

Non è credibile che una persona come Gianroberto Casaleggio, capace di pianificazioni complesse, non si rendesse conto che le medaglie senza rovescio si possono promettere dall’opposizione ma non si possono realizzare quando si arriva al governo: questa considerazione comporta che il M5S fosse, fin dal progetto originale, o un partito a perdere, buono per governare una volta sola e realizzare qualcosa prima di sparire (come Casaleggio a volte sostenne esplicitamente) oppure un partito destinato ad un drastico capovolgimento di valori, che doveva vivere il più a lungo possibile sulla rendita della spinta iniziale.

Quale che fosse l’idea originale, il risultato è sotto gli occhi di tutti: la breve meteora politica del M5S ha fermato quel poco di sinistra che c’era in Italia e favorito la Lega e i suoi alleati, portandoli ad una probabile maggioranza. È possibile che questo risultato fosse quello perseguito da Casaleggio? Che la funzione temporanea del partito “né di destra né di sinistra” fosse quella di drenare voti dal Pd, trattenerli per un paio di elezioni per poi riversarli nei partiti più reazionari dell’arco parlamentare? Neppure Gianroberto Casaleggio poteva prevedere una evoluzione così complessa con un dettaglio così accurato. Più probabilmente il calcolo politico del fondatore si fermava all’idea di lanciare una bomba nel campo di quella minima sinistra democratica, e confidare che avrebbe prodotto effetti genericamente favorevoli alla destra, oltre che alla Casaleggio Associati. L’elettore può opporsi a questa deriva reazionaria, rifiutando in blocco sia il M5S che la Lega e i suoi alleati: è infatti dimostrato che votare M5S nel 2018 ha significato ritrovarsi Salvini al governo. Significherà votare turandosi il naso, senza dubbio; ma in democrazia si vota sempre turandosi il naso: l’importante è non turarsi il cervello.

Articolo Precedente

Crisi di governo, il ritorno di Grillo: “Salvare l’Italia dai nuovi barbari, M5s non è kamikaze. Cambiamenti? Subito, altro che elezioni”

next
Articolo Successivo

Crisi di governo, Matteo Renzi fa campagna su Facebook: spesi 5mila euro in sponsorizzazioni nell’ultima settimana

next