Forse il capo della Lega, vicepremier e ministro dell’Interno (eviterò di nominarlo per spostare l’attenzione dal nome alle innumerevoli funzioni e disfunzioni pubbliche) non se ne rende conto. Però dovrebbe capire che – con l’esibizione costante di metodi fascistoidi e/o da bullo del rione – non sta abusando soltanto delle regole democratiche e di quelle, importanti, dell’educazione. Sta abusando pure di se stesso. Perché il suo corpaccione – esibito in ogni divisa, boxer, felpa e situazione – non può contenere all’infinito la mole di aggressività e cattiveria che lui ci sta stipando dentro.

Rischia, metaforicamente e politicamente, di fare la fine di certi supercattivi dei fumetti della Marvel, quelli che accumulano così tanta energia negativa da collassare e implodere, senza che ci sia neppure bisogno dei supereroi (categoria per altro molto fiacca nell’Italia contemporanea). Il capo leghista rischia, insomma, di superare il segno, tanto più che sul piano pratico sta contribuendo in modo evidente al tracollo economico, morale, politico e nervoso di questo Paese mal governato.

Anche le ultime esternazioni dimostrano che non può più fare a meno della cattiveria; anzi, è obbligato a incrementarla nel tentativo di fare dimenticare i fallimenti nella gestione dello Stato, la probabile generosa amicizia con Vladimir Putin attraverso un cupido leghista, i 49 milioni di euro scomparsi, le indagini sui presunti intrecci tra mafia e Lega.

Il vicepremier si è gonfiato ulteriormente al Papeete Beach di Milano Marittima, dove ieri – mentre si esibiva in spiaggia, con la camicia sbottonata e le infradito, in una pseudoconferenza stampa di regime – ha rifiutato di rispondere alle domande di Valerio Lo Muzio, videomaker di Repubblica che aveva sollevato il caso dell’uso di una moto d’acqua della Polizia da parte del figlio sedicenne del ministro.

Il giornalista gli chiedeva perché era stato bloccato in quell’occasione dai poliziotti della scorta, usata come una milizia privata. Il ministro non ha risposto e semmai gli ha dato del pedofilo: “Vada a riprendere i bambini, visto che le piace tanto”.

Nello stesso giorno il vicepremier ha detto a SkyTg24: “Ma vi pare normale che ci sia una zingara di un campo rom abusivo a Milano, una zingaraccia che va a dire ‘Salvini dovrebbe avere un proiettile’? Preparati che arriva la ruspa, amica mia. Proiettile…, tu preparati che ad accogliere la ruspa, cara la mia zingara, poi vediamo”. Insomma, uno degli uomini più potenti d’Italia ha usato come arma di distrazione di massa le voci (vere o presunte) su un’offesa ricevuta da una donna priva di qualsiasi potere per scaraventare odio e disprezzo sull’intera comunità rom italiana, nello stile tipico di tutti i razzismi.

Dunque il nostro leghista ex nordista sta scavando il fondo del barile ballista e bullista, legandolo ulteriormente all’esibizione fisica di se stesso. E torniamo così al corpaccione che rischia l’overdose. Certo, in Italia non è lui l’inventore dell’uso del corpo come metafora del potere. Il capostipite è stato il Duce. Inoltre fino a un paio di anni fa Silvio Berlusconi è stato la star dell’esibizionismo politico, con un atteggiamento da Pierino play“boy” e miliardario.

Oggi gli ruba la scena il “proprietario” del Viminale, che non si propone tanto come sex symbol quanto come “maschio Alfa”: quello che non si spezza e tantomeno si piega. Si esibisce come un monarca assoluto che incita gli adepti ad andare alla carica contro i “nemici”.

A proposito di monarchi, facciamo un passo molto indietro. Nel libro I due corpi del Re (1957) lo storico medievista Ernst Kantorowicz spiegò che il sovrano è fornito di un doppio corpo: quello naturale (fisico, individuale, perituro, fragile, mortale) e quello mistico (dato da Dio, universale, immortale, imperituro). Lo storico si riferiva al Medioevo, quando il corpo del re acquisiva un carattere rappresentativo diverso e separato dal corpo politico, che simboleggiava l’invisibile corporeità dello Stato.

La politica basata sul mondo dei mass-media, del web e dell’immagine ha sovrapposto i corpi del monarca. Corpo privato e corpo pubblico sono la stessa cosa: sono Il corpo mediale del leader, come ha scritto Federico Boni nel suo libro intitolato proprio come la frase appena citata tra virgolette (Meltemi, 2002). Boni spiega che il cortocircuito tra i due corpi ha contraddistinto, ad esempio, il Sexgate che coinvolse il presidente degli Usa Bill Clinton. Il corpo di Clinton era già quel corpo mediale del leader, che, quando – e se – compie reati o atti eticamente discutibili, macchia anche la nazione intera.

Oggi il re leghista mischia con furbizia lo stile “virile” con quello “piacione” di Silvio, la reticenza e le bugie. Il tempo ci farà presto sapere se l’iperattivismo del “corpo naturale” del vicepremier, impegnato nel nascondere fallimenti e probabili collusioni, sta per cannibalizzare il suo “corpo mistico” (dunque politico), quello che dovrebbe rappresentare con un minimo di dignità la funzione pubblica. Nell’attesa, sarà il suo corpo naturale a dover rispondere, prima o poi, ai magistrati che indagano sui vari scandali leghisti. E per liberarsene non basterà chiamarli “magistratacci”.

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