Nelle settimane in cui sulla Terra ci si prepara a celebrare i 50 anni dal primo sbarco di un essere umano sulla Luna, è Marte a far parlare di sé. E a far sognare gli scienziati. La Nasa e l’Agenzia Spaziale Europea (Esa) sono alle prese con un rompicapo: c’è o no metano sul Pianeta rosso? E se sì, da dove proviene? Ha origini geologiche, oppure è stato prodotto da microrganismi, presenti nel passato di Marte o ancora esistenti? Un altro tassello si aggiunge adesso a questo groviglio di domande: la Nasa ha annunciato in questi giorni che il rover laboratorio Curiosity, marziano dal 2012, ha trovato nella tenue atmosfera sopra il cratere Gale che sta esplorando “livelli insolitamente alti di metano”, grazie a un suo strumento, lo spettrometro Tls (Tunable laser spectrometer).

La notizia, rilanciata inizialmente dal New York Times, è stata confermata da una nota della stessa agenzia spaziale americana che descrive il risultato “eccitante, perché la vita microbica è una fonte importante di metano sulla Terra. Ma questo gas – si legge nella nota della Nasa – può essere creato anche da altre fonti, attraverso interazioni tra rocce e acqua”. La Nasa sottolinea, infatti, che “le attuali misure non ci permettono di dire se la fonte di metano è biologica o geologica, antica o moderna”. Non si conosce con certezza, inoltre, aggiungono gli esperti americani, “il luogo in cui il metano è stato prodotto e liberato in atmosfera”.

Per Thomas Zurbuchen, uno degli amministratori della Nasa, “si tratta ancora di un risultato scientifico preliminare. Ci vorranno ‏altre analisi, ancora in corso – ha aggiunto l’esperto -, per confermare l’osservazione di Curiosity. Al momento, non sappiamo dire da dove venga il metano. La nostra idea – ha scritto Zurbuchen sul proprio profilo Twitter – è che il metano su Marte venga liberato in atmosfera da riserve nascoste nel sottosuolo ghiacciato, create da passate forme di vita microbica. Ma a volte – conclude – il metano ha una firma geologica, piuttosto che biologica”.

Come spesso accade nella scienza, quindi, al momento sono più numerosi gli interrogativi che le risposte. Il laboratorio marziano della Nasa Curiosity, tenendo fede al proprio nome, ha trovato su Marte una concentrazione di gas metano pari a 21 parti per miliardo. Ma non è una prima volta, anche se si tratta di un valore doppio di metano rispetto a quello misurato nel 2004 dallo strumento dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) Pfs (Planetary Fourier Spectrometer), a bordo della sonda dell’Esa Mars Express. “È una concentrazione elevata per Marte, ma 200 volte più bassa di quella presente nell’atmosfera terrestre”, chiarisce a ilfattoquotidiano.it Marco Giuranna, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e responsabile dell’esperimento europeo Pfs.

“Inoltre, proprio il nostro gruppo di Mars Express lo scorso aprile ha pubblicato su Nature Geoscience uno studio in cui è localizzata, a 500 km dal cratere di Curiosity, la prima possibile sorgente di metano marziano. Una delle prime cose da capire adesso – precisa lo studioso – è perché l’eventuale presenza di metano su Marte sia discontinua. C’è un meccanismo di distruzione del gas sul pianeta – si chiede Giuranna – e a cosa è legato? Una ventina di ore prima che Curiosity annusasse il metano nell’atmosfera di Marte, lo strumento Pfs ha puntato la stessa area, quella del cratere Gale. I dati li stiamo ancora analizzando – chiarisce l’esperto dell’Inaf -. Ci vorranno ancora alcune settimane, ma potrebbe essere la conferma incrociata che cerchiamo. Non vedo l’ora di completare l’analisi. Il problema di Marte è che è troppo freddo e non permette all’acqua in superficie di rimanere liquida in modo stabile. Altrimenti – conclude Giuranna -, la vita sul pianeta si sarebbe già sviluppata”.

Se siano stati o meno dei batteri a lasciare la firma del metano nell’atmosfera di Marte, potrebbe dircelo la missione ExoMars 2020, organizzata dall’Esa e dall’agenzia spaziale russa Roscosmos, che sarà lanciata nel 2020. Uno degli obiettivi principali della missione sarà, infatti, scavare per la prima volta fino a due metri di profondità nel terreno di Marte, grazie a un trapano di fabbricazione italiana, costruito per andare a caccia di vita microbica presente o passata sul Pianeta rosso.

L’abstract dello studio del gruppo di Mars Express su Nature Geoscience

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