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Corruzione, l’ex pm Savasta ammette di aver chiesto 300mila euro a imprenditore Tarantini: “Ma era idea di Nardi”

L'ex magistrato di Trani, arrestato insieme a Nardi a gennaio, lo ha detto durante l’incidente probatorio dinanzi al gip di Lecce. Ha ammesso le proprie responsabilità anche l’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro, che sostiene di non aver mai preso soldi dall’imprenditore Flavio D’Introno ma dice di aver aver falsificato firme e atti per favorirlo. Per tutti e tre sono stati disposti altri tre mesi di custodia cautelare
Corruzione, l’ex pm Savasta ammette di aver chiesto 300mila euro a imprenditore Tarantini: “Ma era idea di Nardi”
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Si è detto vittima del collega Michele Nardi ed ha ammesso di aver chiesto 300mila euro all’imprenditore di Corato (Bari) Paolo Tarantini per archiviare un’indagine che era stata avviata solo per ottenere danaro. Così l’ex magistrato di Trani Antonio Savasta arrestato insieme a Nardi a gennaio e ai domiciliari da fine marzo – durante l’incidente probatorio dinanzi al gip di Lecce nel quale ha detto che la richiesta di 300mila euro sarebbe stata un’idea di Nardi. L’ascolto dell’ex pm proseguirà il 19 e il 28 giugno prossimi.

Durante l’incidente probatorio ha ammesso le proprie responsabilità anche l’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro che ha detto al gip Giovanni Gallo di non aver mai preso soldi dall’imprenditore Flavio D’Introno, né di aver avuto regalie, ma di aver falsificato firme e atti per una sorta di rispetto nei confronti dell’imprenditore, che intendeva favorire.

Intanto il gip del Tribunale di Lecce Giovanni Gallo ha disposto per tutti e tre altri tre mesi di custodia cautelare. Nardi e Di Chiaro sono detenuti in carcere, Savasta, che ha collaborato alle indagini e si è dimesso dalla magistratura, è ai domiciliari. Sono tutti e tre accusati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari e falso commessi tra il 2014 e il 2018 per aver pilotato, in cambio di mazzette, indagini istruite dalla Procura di Trani dove Savasta era pubblico ministero. Al momento dell’arresto, invece, i due magistrati erano in servizio al Palazzo di Giustizia di Roma.

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