Gli assistenti vocali sono il futuro. Ne è conferma il fatto che, insieme alle Intelligenze Artificiali, sono stati protagonisti degli ultimi annunci di Microsoft e Google. Dalla grande rivoluzione rischiano di essere tagliate fuori le persone che non possono parlare. A rimediare ci ha pensato Lorenzo Caggioni, ingegnere della sede milanese di Google, che ha creato Project Diva, dove Diva sta per DIVersely Assisted (Diversamente Assistito). È un piccolo dispositivo portatile che aiuta le persone a “comandare” Google Assistant senza usare la voce.
Per attivare l’assistente vocale, invece della voce si possono usare vari comandi di innesco, come ad esempio premere un grosso pulsante con il mento o con un piede. Insieme ai colleghi, Caggioni ha passato in rassegna diversi livelli di accessibilità, e alla fine ha collaborato con il team di Google Assistant Connect per realizzare Project Diva. Il prototipo gli ha permesso di aggiudicarsi la vittoria a un concorso di innovazione per l’accessibilità di Alphabet (l’azienda proprietaria di Google) ed è stato presentato alla conferenza per gli sviluppatori Google I/O.
Si tratta di una scatola che si collega a un pulsante mediante una comune presa jack da 3,5 mm, come quella delle cuffie audio. Il segnale proveniente dal pulsante viene convertito in un comando inviato a Google Assistant. Una soluzione semplice, che permette alle persone che non possono parlare o con una limitata mobilità di beneficiare dell’assistente vocale.
Il lavoro non è terminato, perché il gruppo di lavoro che ha sviluppato il prototipo sta pensando di sostituire i pulsanti monouso con tag RFID. (Radio-Frequency IDentification, in italiano Identificazione a Radiofrequenza). Si tratta di piccoli adesivi comunemente integrati sulle etichette dei vestiti per l’anti taccheggio, o in sostituzione dei codici a barre per identificare i prodotti. Associando ciascuna di queste etichette a un comando specifico, si potrebbero impartire molti comandi a Google Assistant senza bisogno di altrettanti pulsanti ingombranti e poco pratici.
Non solo, sfruttando gli RFID “una persona potrebbe usare un pupazzo per far partire un cartone animato in Tv oppure un CD per attivare la musica, semplicemente avvicinando a Diva l’oggetto” ha spiegato Caggioni durante la presentazione del progetto.
La sensibilità di Caggioni verso l’impiego delle nuove tecnologie da parte di persone diversamente abili viene dalla sua esperienza personale. Caggioni ha un fratello, Giovanni, di 21 anni nato con sindrome di Down, sindrome di West e cataratta congenita. Grazie a Project Diva ora Giovanni può ascoltare la musica usando gli stessi dispositivi e servizi che usano i suoi familiari e amici, semplicemente toccando un pulsante con la mano.
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