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Sara Pichelli, dalle Marche alla Marvel. La storia dell’ideatrice dell’alter ego di Spider Man: “Ho dovuto mostrare l’assegno per convincere la gente che mi pagavano per disegnare”

Nata ad Amatrice e cresciuta nelle Marche, a Porto Sant’Elpidio, oggi Sara è una delle firme di punta della Marvel, ma ripercorrendo la sua storia si potrebbe pensare che il caso, spesso, ha il senso dell’umorismo

di Marco Vesperini

Da un grande potere derivano grandi responsabilità. È il messaggio che Stan Lee, padre dell’Universo Marvel, ha impresso nella mente di intere generazioni grazie a Spider Man, iconico personaggio creato insieme al disegnatore Steve Ditko. Oggi un po’ di quella responsabilità è ricaduta su una giovane disegnatrice italiana, Sara Pichelli, “mamma” di Miles Morales, nuovo alter ego dell’Uomo Ragno, il cui adattamento cinematografico “Spider-man: Un nuovo universo” ha prevalso agli Oscar 2019 aggiudicandosi la statuetta d’oro come miglior film di animazione.

Nata ad Amatrice e cresciuta nelle Marche, a Porto Sant’Elpidio, oggi Sara è una delle firme di punta della Marvel, ma ripercorrendo la sua storia si potrebbe pensare che il caso, spesso, ha il senso dell’umorismo . “Ho sempre disegnato fin da piccola. Poi durante gli studi non ho coltivato più di tanto questa passione – afferma a FqMagazine -. Quando sono arrivata a Roma, a diciannove anni, mi sono iscritta alla Sapienza alla Facoltà di Lingue Orientali: sono durata 4 mesi! Poi ho scoperto la Scuola Internazionale di Comics, non distante da casa mia. Ci ho messo poco a decidere: ho abbandonato il cinese e ho ripreso la mia passione originale!”. Terminati gli studi lavora per un paio di anni nell’animazione, solo successivamente decide di approfondire la conoscenza del fumetto. Nel 2008 la svolta: “In quell’anno c’è stato l’unico contest mondiale ideato dalla Marvel: Chester Quest – dal nome del vice presidente Chester B. Cebulski -. Sono stata selezionata tra dodici vincitori e mi hanno affidato il primo lavoro – ricorda – poi con il tempo la carriera è cresciuta”.

Essere tra i collaboratori de “La Casa delle Idee”, la Marvel appunto, con un portfolio di oltre 8000 personaggi di fumetti, non è una cosa facile. Namora, NYX, Eternals, X-Men, Azzier, Runaways, Pixie, Guardiani della Galassia, Spider-man. Sara lavora a tavole di ogni genere. Ma è nel 2011, quando aveva già passato alcuni anni a “farsi le ossa”, che le arriva la proposta: disegnare il nuovo Uomo Ragno. “Quando mi è stato proposto dalla Marvel già c’erano le idee per questo nuovo personaggio multietnico. Mi hanno detto come doveva essere per loro il nuovo Spider-man e ho iniziato da lì – dice -. Scambio dopo scambio Morales è venuto fuori. È stata una contaminazione tra me e Bendis, lo sceneggiatore. Io venivo influenzata dalle sue idee e viceversa lui guardando i miei disegni gli veniva in mente altro e così via. E la cosa bella è che tutto è avvenuto via email!”. Brian Michael Bendis, figura centrale dell’Ultimate Universe, ora passato alla concorrente DC Comics, è stato motivo di crescita per la disegnatrice di Porto Sant’Elpidio. “Lavorare con lui, già molto conosciuto, è stato davvero importante. All’inizio non è stato semplice – sottolinea – ma ci siamo presto trovati e di questo sono molto contenta: non a caso abbiamo lavorato insieme per sei anni!”.

Il nuovo Spider-man è un successo. La vita di Sara inizia a cambiare: vola sempre più spesso oltr’Oceano alle grandi convention del fumetto: “Per me sono importanti perché hai la possibilità di entrare in contatto con i fan. Soprattutto in quelle estere, dove vado spesso, è divertente incontrare i tuoi fan dall’altra parte del mondo”. Ma c’è sempre il risvolto della medaglia: “Sono anche un po’ stressanti e io vivo male l’esposizione mediatica”, confessa. Certo è che il pubblico dell’editoria fumettistica sia in continuo movimento, anche nel nostro Paese. “Credo che il mercato italiano si stia dirigendo lentamente verso la concorrenzialità – afferma Sara -, una dinamicità di mercato che è sempre mancata. Prima c’era la Bonelli che era il colosso e fondamentalmente poco altro. Ora delle piccole o medie realtà si stanno affacciando sul mercato e quindi il lettore viene stimolato anche con una diversificazione dell’offerta”.

Una disegnatrice in un mondo costellato da uomini. Questo ha inciso sul suo approccio al lavoro? “La mia è una storia fortunata. Non ho vissuto questo tipo di discriminazioni. Mi è capitato di partecipare ad alcune tavole rotonde, soprattutto in Spagna dove artiste ed editor raccontavano storie di discriminazione. Si, noi siamo viste ancora in questo mondo come mosche bianche. Credo ci sia ancora questo problema, a me è capitato di ricevere battutine dei fan del tipo “Ah ma disegni bene per essere una donna ecc”, però finiva lì. Credo che il nostro ambiente sia uno dei più fortunati da questo punto di vista: se il tuo lavoro piace viene sempre apprezzato”.

Pubblicare delle tavole per una grande casa editrice è il sogno di ogni aspirante disegnatore, farlo diventare un lavoro è motivo di realizzazione. Ma questo comparto dell’editoria è precario come l’immaginario collettivo potrebbe farlo apparire? “Nel mio caso assolutamente no! Benché dipendeva dalla mole di lavoro. Il pagamento a tavola della Marvel e della DC è tra i più alti – spiega – anche se il pagamento iniziale è basso ma essendo major rimane alto. Magari all’inizio guadagnavo meno, poi quando hai degli albi tuoi chiaramente la questione cambia”. E su questo aspetto Sara specifica: “È dall’animazione che mi mantengo da sola quindi questi sono lavori che possono renderti indipendente e bisogna dirlo: ho dovuto mostrare l’assegno per far credere alla gente che mi pagavano per disegnare!”.

Sara non è “solo” una disegnatrice, dal 2010 infatti è docente della Scuola Comics nella quale è stata una studentessa. Quali sono i consigli che le capita di dare agli studenti? “Prima di tutto leggere. Altrimenti non si può disegnare – puntualizza –. Ma quello che mi raccomando di più è conoscere questo mestiere. Perché si è molto bello, permette di viaggiare, permette di dare ampio sfogo alla propria fantasia artistica. Però ha anche dei svantaggi: ti puoi ritrovare a lavorare dodici ore al giorno, ritrovare a combattere con persone che non capiscono il fatto che puoi non aver prodotto un giorno perché non avevi ispirazione. Può diventare molto frustrante – confessa –. Se la passione non è reale rischi che poi ti scontri contro l’iceberg. Molti lo sottovalutano, vedono solo l’aspetto ludico di quello che appare”. Cerchiamo a fine intervista di strapparle uno spoiler: qual è suo prossimo progetto? “Sto lavorando a qualcosa di nuovo ma è ancora top secret. Posso solo dire che se continua così sarà una figata! Speriamo bene, incrocio le dita”.

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