L’immagine stilizzata di una foglia di marijuana sovrapposta a quella del Duomo di Milano. E una scritta in maiuscolo: “Io non sono una droga”. È il manifesto pubblicitario, comparso in questi giorni per le strade della città meneghina, che ha trasformato in un caso politico la 4.20 Hemp Fest – International Cannabis Expo, la fiera internazionale della canapa prevista dal 3 al 5 maggio agli East End Studios di via Mecenate. Una manifestazione – giunta al quarto anno consecutivo – tutta dedicata alla cannabis legale, quella con percentuale di tetra-idro-cannabinolo (Thc) inferiore allo 0,5: una pianta dalle mille risorse, dicono gli organizzatori, dall’uso terapeutico fino alle applicazioni nei settori dell’edilizia, del tessile e dell’energia. Tre giorni di musica, conferenze e workshop, con 150 espositori provenienti da ogni parte d’Europa e gli interventi di avvocati, medici ed esponenti politici (tra cui Lello Ciampolillo del Movimento 5 Stelle, Elena Grandi dei Verdi e Barbara Bonvicini di Più Europa).

Non che gli anni scorsi la kermesse fosse passata inosservata: alla seconda edizione, nel 2017, il capogruppo di Fratelli d’Italia in Regione Lombardia Riccardo De Corato invocò addirittura retate di cani antidroga. Stavolta però, per colpa dei cartelloni, sul festival milanese si sono abbattuti anche gli anatemi della politica nazionale. In particolare è stata Giorgia Meloni a tuonare, nel giorno della Liberazione, dal proprio account Facebook: “Fratelli d’Italia chiede al Ministero dell’Interno e al Comune di Milano di bloccare immediatamente l’International Cannabis Expo. Bisogna fermare subito questa manifestazione e bloccare questa ignobile propaganda della droga libera”. Il giorno dopo a rilanciare è Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia a Montecitorio.  “Siamo chiamati a un gesto di responsabilità: il Festival della cannabis deve essere vietato”, dichiara. “A Milano, una delle città dove si consuma e si spaccia più droga in Europa, servono educazione, informazione, prevenzione. Non certo l’apologia di uno tra gli stupefacenti arcinoti tra i giovani per essere la prima tappa nelle tossicodipendenze”, argomenta.

Ma a condannare la campagna non sono solo volti del centrodestra. Anzi, a sollevare per prima la polemica è stata Alice Arienta, consigliera comunale del Pd: “Io ritengo che questa sia pubblicità ingannevole perché fa leva solo sull’aspetto naturale e innocuo delle foglie quando sappiamo che non è così. Al momento la marijuana è ancora considerata una droga. Per questo ho interpellato sia l’Agcom sia lo Iap (Istituto di autodisciplina pubblicitaria, ndr)”, scriveva il 22 aprile. E nella mattinata di sabato ha detto la sua anche il sindaco Giuseppe Sala, con parole nette: “Il manifesto è sbagliato, odioso e pericoloso, perché un ragazzo giovane non distingue, vede una foglia di canapa” e può arrivare a pensare che la marijuana sia legale”. “Ci siamo rivolti all’Agcom, che non ha ancora risposto, segnalando il manifesto – ha spiegato – e poi ho chiesto al vicesindaco di parlare direttamente con i promotori del festival, chiedendo loro di intervenire immediatamente”.

“Rispetto il sindaco Sala perché rappresenta tutti e ha il dovere di dar voce a tutte le istanze”, dice al fattoquotidiano.it Marco Russo, titolare del primo hemp shop milanese in viale Umbria e organizzatore del festival, “ma non mi sarei aspettato questi termini da lui. Lo slogan è un invito a riflettere sulle proprietà delle cannabis, sempre occultate dal suo uso più stupido, se vogliamo, che è quello ricreativo. Non c’era alcun secondo fine, semplicemente lo abbiamo pensato e ci ha convinto. Sapevamo che era un’espressione forte e qualcuno avrebbe storto il naso, ma non ci saremmo mai immaginati un polverone simile”. E rispondendo a chi chiede lo stop alla fiera: “Non so se la Meloni e gli altri siano in buona fede o abbiano colto l’occasione per fare campagna elettorale. Di certo sono state fatte critiche poco costruttive e sconfortanti, perché ignorano le potenzialità della canapa, che vanno ben al di là dello ‘sballo’. L’olio di semi di canapa è un biocombustibile. La dichiarazione d’indipendenza americana è stata scritta su carta di canapa, come di canapa sono le vele dell’Amerigo Vespucci. Abbiamo fatto un grosso investimento prendendo impegni con espositori da tutta Europa, se davvero dovessero impedire la manifestazione agiremo fermamente per vie legali”.

E, paradossalmente, la stessa Giorgia Meloni ha ricevuto una valanga di commenti negativi al proprio post su Facebook, da parte di utenti che si dichiarano simpatizzanti del suo partito. “Ti consiglio uno studio approfondito della materia, perché in questo caso non sai quello che dici. Non farne una questione di principio! Una non fumatrice di destra”, scrive Karen. E Flavio: “Giorgia il Medioevo è passato, io sono orgogliosamente di destra ma ho imparato a leggere e ad informarmi, i benefici della Cannabis sono molteplici e una tua apertura mentale sarebbe uno schiaffo impressionante alla sinistra bigotta”. C’è persino chi associa a questa presa di posizione la scelta di non votare più Fratelli d’Italia: “Ne terrò conto – scrive Salvo – sono sempre stato di destra, ho votato persino Casapound, simpatizzo per la Lega e Fdi, ma dopo questa dichiarazione tutta la mia stima per Giorgia Meloni finisce. Non si può fare discorsi da “ignoranti”, nel senso che ignorano, che la canapa non è una droga ma bensì una pianta dalle mille risorse, che darebbe lavoro a migliaia di persone e che risolverebbe migliaia di problemi anche a livello ambientale. Prima di fare proclami bisognerebbe studiare e informarsi un pochettino, perché altrimenti si rischia di perdere consensi anche da quelli che hanno sempre votato a destra”.

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