Dalle stelle alle stalle in pochi anni. Così si può riassumere la parabola della vicenda della Virtus Italia e del suo presidente Enrico Sanchi, tra i destinatari di una delle 22 misure di custodia cautelare arrivare mercoledì in Via Maria Annibale di Francia, a Roma.  Sopravvissuto alla bufera di Mafia Capitale, dove appare solo brevemente come testimone della difesa, era spesso intervistato da giornali e tv come uno degli operatori esperti nel fenomeno dei minori. Erano gli anni d’oro: solo nel triennio 2013 – 2015, secondo una ricerca della Cgil funzione pubblica, la onlus si era aggiudicata presso il Comune di Roma Dipartimento delle politiche sociali, ben 265 bandi, di cui 146 da sola e 119 in raggruppamento con altre, per un totale di 22,4 milioni di euro.

Da un anno circa era però iniziato già il declino. Prima le politiche di Marco Minniti, poi di Matteo Salvini avevano minato l’impero della Virtus Italia, che si occupava di minori ma anche adulti stranieri oltre che di disabilità e asili nido. Dall’inizio del 2018 gli stipendi ai lavoratori arrivavano a scaglioni, fino a novembre quando l’azienda ha dichiarato la crisi e contemporaneamente ha smesso di pagare i dipendenti, che hanno iniziato a dimettersi a decine. Già la settimana scorsa uno dei centri per minori stranieri non accompagnati era stato chiuso per mancanza di personale. “Qui negli ultimi mesi è stata un’ecatombe – dice a IlFattoQuotidiano.it un’operatrice che preferisce restare anonima – abbiamo dovuto trasferire tutti i minori e chiudere il centro perché non c’erano più operatori sufficienti. Non prendiamo lo stipendio da 5 mesi quindi chi ha trovato altro si è dimesso”.

Dimissioni di massa erano state segnalate anche da parte degli operatori di uno Sprar della Virtus Italia. Settimana scorsa era infine stato ottenuto il commissariamento della onlus e la gestione in Concordato di continuità, da mercoledì tutto il direttivo era stato esautorato a favore del commissario Daniele Sferra Carini.

“Abbiamo cercato di portarli in concordato da quanto siamo stati informati della situazione economica e abbiamo invitato il consiglio direttivo a dimettersi – spiega Marco Marcocci, presidente della Confcooperative Roma – i problemi erano quelli che potevano accadere a qualsiasi azienda: una gestione che non andava bene”. “Evidentemente non avevamo alcuna informazione di quello che è venuto fuori dall’indagine – continua Marcocci – noi siamo stati coinvolti per la salvaguardia dei posti di lavoro legata alle condizioni economiche. La magistratura indagherà sui pochi dipendenti coinvolti, ma noi noi stiamo cercando di impegnarci per salvare tutto il resto, i posti di lavoro e la continuità dei servizi che sono in se’ molto delicati”.

L’aggiudicazione del CPsA, il centro di primissima accoglienza di via Annibale di Francia con tre bandi differenti a partire dal 2013, era stata per un periodo un fiore all’occhiello dell’accoglienza capitolina, un servizio sperimentale portato a modello. L’ultima assegnazione è stata nel settembre 2018 per un’importo di 2 milioni e 663 mila euro, unico plico pervenuto in gara: quello della Virtus Italia Onlus. Alla quale la legge ha consentito di presentarsi e vincere nonostante il presidente Sanchi fosse stato a giudizio per abbandono di minori e truffa allo Stato “per condotte commesse ai danni di numerosissimi (oltre duemila) minori di anni 14 dal febbraio 2015 al dicembre 2016 – si legge nell’ordinanza – lasciati uscire dalla struttura nonostante fossero stati affidati al CPsA, con conseguente danno ai danni del Comune di Roma, il quale risultava avere pagato indebitamente, sino al luglio 2017, rette giornaliere per il mantenimento dei minori”.

“Siamo scioccati – dice a IlFattoQuotidiano.it un lavoratore del centro che vuole rimanere anonimo – non solo non riceviamo stipendio da novembre, ma siamo anche accusati per una problematica, quella dei bambini rom, di cui tutti erano a conoscenza e che avevamo fatto presente a tutti”. “Qui dovrebbero portare i minori di cui non è accertata la presenza dei genitori sul territorio italiano, ma di loro si sa che sono in Italia – spiega il lavoratore – sono sempre gli stessi e sappiamo anche da quali campi. Scappano semplicemente perché vogliono tornare a casa e questo non è un carcere, non possiamo tratternerli più di tanto”.

Un protocollo d’intesa tra comune, questura e polizia locale stabiliva una presenza dei vigili per l’identificazione dei minori è da lì che sono partite le indagini. La questione dei bambini rom che fuggono dal CPsA sarebbe stata già stata messa sul tavolo del Commissario Straordinario per le persone scomparse e della Questura.

L’Usb, il sindacato di base al quale erano iscritti la maggior parte degli arrestati, senza entrare nel merito dell’inchiesta esprime comunque dubbi. I minori che avevano già problematiche sociali non sarebbero dovuti essere portati in quella struttura “secondo le procedure ribadite dal Garante per i diritti dei detenuti proprio al termine di una visita alla Cooperativa Virtus nel 2017”, dicono i rappresentanti in un comunicato.

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