Rieccolo. Si chiama Dario D’Isa, è un avvocato sorrentino ed ha affrontato inchieste e processi, con una condanna in primo grado per usura e traffico d’influenze illecite, per vicende durante le quali sottolineava agli amici ed ai potenziali clienti di essere il figlio di Claudio D’Isa, uno dei giudici di Cassazione che ha condannato in via definitiva Silvio Berlusconi per frode fiscale, padre peraltro incolpevole ed inconsapevole dei traffici del figlio. Stavolta ritroviamo Dario D’Isa tra gli 11 indagati dell’inchiesta della Finanza e della procura di Napoli Nord guidata da Francesco Greco per la riconversione sospetta di miliardi di vecchie lire in euro. Lire di provenienza delittuosa, secondo gli inquirenti. I guadagni del clan dei Casalesi, in qualche caso, ricorda il gip Raffaele Coppola che ha ordinato l’arresto di quattro persone, tra cui Gaetano Mungiguerra, imprenditore di Casandrino contiguo alle cosche, vecchia conoscenza del processo Spartacus, condannato in primo grado a 16 anni per omicidio e promotore di un’associazione a delinquere che aveva lo scopo di ripulire miliardi di vecchie lire frutto dei crimini della camorra casertana.

Non è però il caso del capo di imputazione che coinvolge D’Isa, che è indagato per tentato riciclaggio in concorso e per il quale il giudice ritiene “non provata la provenienza delittuosa” dei 147 milioni che l’avvocato ha provato a riconvertire in euro, sequestrati il 19 luglio 2017. “Le intercettazioni – scrive il Gip a pagina 102 dell’ordinanza – non hanno fatto emergere alcun rapporto diretto tra costui (D’Isa, ndr) e Mungiguerra, sufficiente a desumere che le banconote nella disponibilità del D’lsa avessero la medesima provenienza illecita di quelle di Mungiguerra, essendoci stata tra i due sempre l’intermediazione di Gerardo Miracolo (indagato a piede libero, ndr), ragion per cui, non è stato possibile nemmeno per grandi linee individuare la provenienza delle banconote del D’lsa, non potendo escluderne, per l’attività di avvocato da costui esercitata, l’origine lecita”.

Insomma, le indagini provano i contatti tra D’Isa e un intermediario del riciclatore del clan dei Casalesi. Ma non riescono a ricostruire da dove arrivino con precisione i pacchi di milioni di lire che l’avvocato custodiva nel suo studio al Centro Direzionale di Napoli e di cui nel giugno 2017 discute al telefono con tale G.L.P., non indagato. D’Isa si sfoga per aver fatto un viaggio a Milano “a vuoto”, con “le carte già pronte” per la riconversione in euro, e l’uomo si offre di dargli una mano, invitandolo a Perugia per parlarne da vicino. “A Perugia, anche se poi si fa a Roma (il cambio lire-euro, ndr)”. I due accennano all’esistenza da qualche parte di 50 miliardi di vecchie lire (“50 miliardi di fotocopie”). Rimarrà una chiacchiera senza riscontri.

Attraverso vari personaggi – tra cui l’indagato a piede libero Catello De Rosa, “intermediario del venditore D’Isa” – che intavolano colloqui e trattative su procedure e provvigioni per riconvertire in euro delle lire per le quali bisognerebbe, per legge, riuscire a dimostrare di aver presentato domanda alla Banca d’Italia entro il 2012, D’Isa fissa un appuntamento il 28 giugno 2017 a Napoli con Miracolo. I finanzieri si appostano, scattano fotografie e documentano l’incontro con una relazione di servizio. Seguiranno settimane di altri incontri e trattative, tra amici di D’Isa e Miracolo. Viene trovato un ‘acquirente’ delle lire e la consegna dovrebbe avvenire il 15 luglio 2017 alla rotonda di Arzano. Per motivi non chiariti, l’appuntamento slitta al 19 luglio. Si presentano De Rosa, Mungiguerra, Miracolo e una quarta persona. Scatta il blitz della Finanza. I soldi erano rinchiusi in una busta nera. Viene sequestrato anche una macchina per il conteggio delle banconote. De Rosa prova a spiegare la provenienza delle lire con il “rinvenimento in un materasso durante un’attività di svuotacantine”. L’operazione è saltata. Nei mesi successivi D’Isa otterrà il dissequestro dei 147 milioni di lire e a marzo 2018 commenta con gioia la circostanza al telefono con De Rosa, accennando al fatto che “una nuova sentenza” e “l’istanza di dissequestro” che dimostrerebbe “che i soldi non sono rubati, sono puliti… li hanno anche controllati banconota per banconota…”, insomma, alla fine questi soldi “te li cambiano subito”. Conclusioni di D’Isa: “Non tutti i mali vengono per nuocere”.

Ma la Procura di Napoli Nord ha mantenuto le sue convinzioni: quei 147 milioni di lire hanno una provenienza illecita, e questo tentativo di riciclaggio è uno dei motivi per i quali Mungiguerra andava arrestato. Il Gip lo manderà in carcere. Ma per altri episodi e non per questo, per il quale a parere del Gip non esistono gravi indizi di colpevolezza.

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