Fermarono gli elettori per strada ‘invitandoli’, sotto minaccia, a votare per Natale Mariella, candidato nella lista Popolari che faceva parte della coalizione di centrosinistra che sosteneva Michele Emiliano. Per questo la Corte d’Appello di Bari ha confermato le condanne, riducendo in parte le pene, per quattro pregiudicati baresi ritenuti affiliati al clan Di Cosola, imputati a vario titolo di associazione mafiosa, voto di scambio e coercizione elettorale con l’aggravante del metodo mafioso.

Secondo l’accusa, quattro dei cinque imputati avevano bloccato in strada alcuni elettori e attraverso minacce e intimidazioni, a crociare il nome di Mariella, che risultò il terzo più suffragato della lista Popolari nella circoscrizione di Bari con 5.866 preferenze e non venne eletto. Teodoro Frappampina Giovanni Martinelli, condannati in primo grado a 12 anni, hanno visto riconoscersi dai giudici la continuazione del reato con due precedenti condanne per fatti di mafia e quindi le loro pene sono state rideterminate rispettivamente in 15 anni e in 15 anni e 2 mesi.

Riduzione di pena, invece, per Luigi Guglielmi (da 12 a 8 anni) e Alfredo Sibilla, passato da 9 anni e 4 mesi a 5 anni e 4 mesi di reclusione. Il quinto imputato Carlo Giurano, accusato di associazione mafiosa e delle contestazioni legate alle elezioni, la pena rideterminata da 9 anni a 7 anni e 4 mesi di reclusione. Armando Giove, ritenuto il referente di Mariella, accusato di aver accettato la promessa del clan di procurare voti, lo scorso maggio è stato condannato in primo grado alla pena 2 anni, 1 mese e 20 giorni per scambio politico elettorale ed è stato assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Nello stesso processo, svolto con rito abbreviato, erano state condannate altre 22 persone.

Gli imputati, stando alla ricostruzione delle indagini svolte dai carabinieri e coordinate dagli allora pm Carmelo Rizzo Federico Perrone Capano, dicevano agli elettori che avrebbero verificato il voto, impedendo così “il libero esercizio del diritto di voto ed alterando il risultato delle votazioni per la nomina dei rappresentanti del Consiglio regionale della Puglia per l’anno 2015″. E lo avrebbero fatto avvalendosi della forza intimidatrice del clan mafioso Di Cosola, “oltre che della capacità di controllo del territorio e della possibilità di contare sull’omertà delle vittime e dell’ambiente in genere”.

L’inchiesta era partita nel novembre 2015, dopo le dichiarazioni rese in carcere dal pentito Michele Di Cosola, figlio del capo clan. L’accordo prevedeva il pagamento di 50 euro per ogni preferenza procurata a Mariella, più un anticipo di quasi 30mila euro. A quel punto, sono iniziate le pressioni: votare chi veniva imposto, intascando 20 euro, o guai. Quando venne eseguiti gli arresti nel novembre 2016, il governatore Emiliano disse che aveva comunque vinto “la saggezza degli elettori” mentre le indagini dei carabinieri avevano “distrutto per sempre l’immagine ed il nome delle persone coinvolte” e “dato un insegnamento a tutti coloro che ancora pensano che la politica sia un modo per darsi un ruolo sociale con ogni mezzo”.

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