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ThyssenKrupp, perché stavolta le Iene meritano un plauso

ThyssenKrupp, perché stavolta le Iene meritano un plauso
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Di solito non ho grande simpatia per il giornalismo delle Iene. Mi sembra che il loro scandalismo, il loro modo beffardo di intervistare e poi di montare le interviste, le loro letture della realtà che si presumono anticonformiste ma spesso sono solo bastian contrarie non giovi alla causa. Nell’universo ienizzato tutto è trattato allo stesso modo. Grandi problemi e sciocchezze, ingiustizie reali e balle colossali vengono affrontate con lo stesso stile e omologate. Da qui, da questo bisogno di manifestare sempre in maniera clamorosa la propria natura ribelle e cattiva derivano i grandi pasticci in cui “le iene” sono ripetutamente cadute. Ma quello che hanno fatto vedere martedì scorso merita un plauso e un’attenzione molto profonda.

Mi riferisco al servizio sui dirigenti tedeschi della ThyssenKrupp condannati a titolo definitivo a parecchi anni di prigione e che invece non solo non hanno scontato neppure un giorno ma che, a quanto pare, vivono serenamente nel loro paese. Senza entrare nel merito dell’inchiesta, che non rinunciava ai caratteri tipici e, come ho detto poco fa, anche discutibili del giornalismo ienesco, quello che mi sembra importante è il fatto di aver sollevato la questione: una voce isolata nel desolante silenzio che circonda il caso.

Nelle scorse settimane, quando nell’opinione pubblica imperversava, anzi furoreggiava il dibattito su Cesare Battisti ho sperato in un’inversione di  tendenza. Ho pensato che gli infiniti discorsi sulla latitanza, sull’estradizione, sui sotterfugi e sulle protezioni che la rendono impossibile, avrebbero coinvolto anche il caso dei manager Thyssen. Invece niente. Si è spulciato con meticolosità il lungo elenco dei terroristi latitanti, si è levata altissima nei talk, sui social l’indignazione per Battisti e i suoi protettori, ma alla situazione analoga che si è creata con i manager condannati e latitanti nessun cenno. Eppure anche loro, sono responsabili di un bel numero di morti per cui dovrebbero scontare la pena prevista. Non marcire in galera, perché in Italia nessuno marcisce in galera come dovrebbe sapere chi ha giurato sulla Costituzione, ma scontare la pena.

Mi sono chiesto il motivo di questa differenza di trattamento mediatico e politico e ho avuto anche cattivi pensieri. Ho persino pensato che per qualcuno continui a esserci differenza tra uno “sporco comunista” e un distinto signore che amministra una fabbrica, anche se si sono macchiati di reati simili. Ma poi ho messo da parte questi terribili sospetti, ho preferito pensare alla solita tendenza nazionale alla dimenticanza, al popolo di smemorati tra cui viviamo. In fondo quella della Thyssen è una vecchia storia di dodici anni fa, i morti sono morti, qualcuno ha pagato, qualcuno no, ma che ci vuoi fare, così va il mondo, direbbe il Manzoni, o meglio così va nell’Italia del 2019… E’ la solita dimenticanza che sfocia nell’indifferenza. Se nessuno ci ricorda le ingiustizie, è inevitabile che si perdano nel nulla.

Ecco ora qualcuno ci ha ricordato che l’ingiustizia c’è, è grossa, difficile da sanare ma impossibile da trascurare. Di alibi non ce ne sono più né per la politica, né per l’informazione, né per la pubblica opinione, grazie alle Iene e chapeau!

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