di Enzo Marzo

Luigi Di Maio una decina di giorni fa, assieme a Alessandro Di Battista, è salito sull’auto per andare a rendere omaggio a tale Christophe Chalençon, uno dei leader dell’ala violenta dei gilets jaunes che ogni sabato mettono a soqquadro la Francia. Anche se sono sempre meno.

Alla fine dello storico incontro, Chalençon – come riferisce la stampa – “conferma l’intenzione di organizzare una mobilitazione al confine franco-italiano per coinvolgere nuovi gilet gialli in una sorta di lotta comune transnazionale”, una lotta comune contro il governo italiano. Luigi Di Maio, che non si ricorda di essere il vicepresidente di quel governo, sprizza contentezza: “Questa è la foto ricordo di questo bell’incontro, il primo di tanti, in cui abbiamo parlato dei nostri Paesi, dei diritti sociali, di ambiente e di democrazia diretta“.

Finalmente il M5s ha trovato il suo alleato. Il commento dell’ufficio stampa del vicepremier sottolinea che sono “molte le posizioni e i valori comuni che mettono al centro delle battaglie i cittadini, i diritti sociali, la democrazia diretta e l’ambiente“. Il vicepresidente del Consiglio aggiunge con sobrietà: “Il vento del cambiamento ha valicato le Alpi. Ripeto. Il vento del cambiamento ha valicato le Alpi”. Se Di Battista è Che Guevara, lui è Annibale al contrario. Non si accorge neppure che allearsi con dei violenti forse aprirà qualche problema col governo francese.

E non gli fa male neppure la porta in faccia che gli sbattono i veri leader dei gilets, che si affrettano a precisare: “Quelli incontrati dal vicepremier e da Di Battista rappresentano solo una frangia del movimento dei gilet gialli”. I due dei principali leader, Maxime Nicolle e Eric Drouet aggiungono: “Secondo fonti italiane, Di Maio avrebbe sollecitato un incontro a Parigi. Posso dirvi che né il sottoscritto, né Eric Drouet, né Priscilla Ludosky siamo stati contattati. Se Di Maio mi chiama non alzo nemmeno il telefono”.

Il vicepremier ha dichiarato guerra alla Francia e a se stesso. Trascorrono dieci giorni di vera belligeranza. Mattarella getta acqua sul fuoco, fioccano le scuse. Di Maio cerca di rimediare e fa un altro pasticcio: scrive una bella lettera a Le Monde e per fare retromarcia loda il popolo francese “con la sua tradizione democratica millenaria“. Si ride in tutto il mondo. Nel frattempo import ed export piangono e i casaleggini si accorgono che Caporetto è in Abruzzo.

Poi, sorpresa. Di Maio, quando presenta i suoi futuri alleati europei, en passant afferma: “In questo evento non ci sono esponenti dei gilet gialli. C’è stata un’interlocuzione con una realtà complessa [come abbiamo visto, è una menzogna, nda] ma noi non abbiamo intenzione di dialogare con quell’anima che parla di lotta armata o la guerra civile. Chi presenterà quella lista dovrà essere una persona che crede nella democrazia per cambiare le cose”.

Però si dimentica di aggiungere: “Scusate, italiani, dieci giorni fa abbiamo scherzato, la nostra economia non ce ne voglia troppo”. Evidentemente il vicepresidente del Consiglio ha visto una trasmissione televisiva in cui l’ineffabile Chalençon si lasciava andare sui “paramilitari pronti a far cadere il governo”. A quando le scuse a Emmanuel Macron? Occorre correre ai ripari. Per questo ci permettiamo di regalare a Di Maio un piccolo manuale per bambini che vogliano giocare a fare i capi di un partito:

Regola 1. Appena nominati, farsi regalare da re Casaleggio II un pc portatile.
Regola 2. Farsi fare da Rocco Casalino un corso rapido sull’uso di questo strumento prezioso per la democrazia diretta.
Regola 3. Prima di dichiarare guerre o stabilire trattati di pace o storiche alleanze, consultare Google, motore digitale noto ai più grandi.
Regola 4. Digitare le parole “Christophe Chalençon”. Premere il tasto, e per miracolo si apre una pagina con l’indicazione di molti siti, tra cui questo. Potenza della tecnologia moderna. (Ricordarsi di ringraziare Casaleggio II). Sul sito scoprire chi è Chalençon. E non da oggi. Apprendere quindi che “il 3 dicembre 2018, ai microfoni della radio Europe 1, aveva chiesto le dimissioni dell’esecutivo aggiungendo: ‘Io vedrei bene il generale de Villiers a capo del governo'”. E che “in un post pubblicato il 23 dicembre 2018 sul suo profilo Facebook, Chalençon aveva detto che ‘la guerra civile è inevitabile'”.
Regola 5. Riprendersi il panierino, e tornarsene a casa.

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