Vediamo un po’ che dice questa signora Lisa L. Thompson, vicepresidente della Politica e della Ricerca del Centro nazionale per lo sfruttamento sessuale, ovvero colei che, utilizzando politicamente la repubblicana Michelle Udal, della Camera dei Deputati dell’Arizona, ha fatto approvare alla Commissione Salute del suo Stato (con il voto contrario dei democratici) una direttiva che attribuisce al porno nientepopodimenoche una minaccia “alla salute pubblica”. Vedremo che fine farà in aula questa folle idea che ritengo più una boutade per ottenere consensi da un pubblico di conservatori bigotti che non una seria proposta di legge.

Allora, la Thompson (della quale la Udal ha fatto proprie le idee) sostiene, fra le altre cose, in un libercolo dal titolo The Pubblic
Health Harms of pornography che “uno studio” del 2008 “condotto da studenti universitari (Chiara Sabina, Janis Wolak, and David Finkelhor, The Nature and Dynamics of Internet Pornography Exposure for Youth) ha scoperto che il 93% dei ragazzi e il 62% delle ragazze hanno visto la pornografia su Internet durante il periodo adolescenziale”. Accidenti, che novità! E che, tra quelli che avevano visto pornografia nei 12 mesi precedenti l’indagine, stavolta quella di un gruppo australiano, “l’84% dei maschi e il 19% delle femmine” continua ad utilizzare la pornografia “su base settimanale o giornaliera” e che “il 61% delle visite è avvenuto tramite smartphone”. La conclusione della della Thompson è che “la pornografia è una tossina sociale e fisica che distrugge le relazioni, ruba l’innocenza, erode la compassione, genera violenza e uccide l’amore”. Il che porterebbe a una “crisi di salute pubblica“. Ma è la stessa Thompson, poco dopo, ad affermare che “presi nella loro totalità questi studi non dimostrano che la pornografia causa danni”, ma piuttosto che “la pornografia è correlata a una vasta gamma di danni”.

Insomma, li crea o no questi danni? E ancora quella che mi sento di definire la scoperta dell’acqua calda: “Undici siti di pornografia sono tra i 300 siti Internet più popolari al mondo. Il sito più popolare di questo tipo, al numero 18, supera quello di eBay, Msn e Netflix”. E che – ma non esageriamo, per favore – “sta diventando sempre più difficile, se non impossibile, vivere una vita senza pornografia”. Se la prende persino con “il porno soft-core” il che è un evidente ossimoro.

Viene infine connotato negativamente che le donne seguano il porno più di una volta, con buona pace delle femministe pro-hard. E che “gli atteggiamenti, le convinzioni e i comportamenti plasmati dall’uso della pornografia hanno un profondo impatto non solo sulle relazioni private degli utenti, ma anche sulle loro relazioni professionali e sociali. L’uso della pornografia, a vari livelli, modella l’obiettivo con cui gli utenti visualizzano, interagiscono e costruiscono il mondo”. Pur rispettando le sue convinzioni, signora Thompson, in base a quali criteri lei afferma che “la pornografia è la prostituzione per il consumo di massa: il mezzo attraverso il quale viene trasmessa la prostituzione – fotografie, riviste, libri, video e Internet – consente a masse di individui di derivare stimolazione sessuale e gratificazione dagli atti di prostituzione che ritraggono”?

Il tutto per tornare al concetto che “attingendo dalla recente letteratura di ricerca sottoposta a revisione tra pari (ma quali ricerche, quelle degli studenti dei college ultraconservatori? Nda) nonché dagli ultimi rapporti e sondaggi (sempre quelli, nda), “la ricerca presenta prove a sostegno dell’opinione che la pornografia costituisce una crisi di salute pubblica”. E, in ultimo, può portare “a disfunzione erettile, divorzio o rapporti falliti e, a volte, a comportamenti sessualmente aggressivi e violenti“. E meno male che scrive “a volte”.

Epilogo: il porno sta alla pari “del fumo, all’avvelenamento da piombo, all’Hiv/Aids“. Ha dimenticato l’alcol, nota piaga americana. Inutile far notare che che nel direttivo della Centro nazionale per lo sfruttamento sessuale c’è anche Paul S. Loverde, già vescovo (oggi in pensione) della Diocesi di of Arlington, Virginia. Insomma i soliti noti. La pornografia come la peste manzoniana di triste memoria? Non ti piace? Non guardarla. Ma bollarla come la moderna Sodoma e Gomorra, questo no. Se no, la prossima mossa potrebbe essere definire “minaccia alla salute pubblica” anche l’immigrazione dal Messico. Muro permettendo.

Articolo Precedente

Chiara Ferragni, l’ospedale avrebbe fatto meglio a dire no

next
Articolo Successivo

Pesaro, sindaco cerca la ‘spazzina volontaria’: “Voglio premiarla, dà una lezione a tutti noi”

next