La Terra ha rischiato di fare la stessa fine di Marte, un pianeta arido, privo di vita, se si esclude la possibile presenza di batteri nel sottosuolo o nei suoi laghi sommersi, tutta ancora da dimostrare. È accaduto poco più di mezzo miliardo di anni fa, quando il nostro Pianeta è stato sul punto di perdere il suo campo magnetico. Compromettendo il futuro della vita proprio in uno dei momenti di sua maggiore espansione, la cosiddetta esplosione di vita del Cambriano, in cui fecero la loro comparsa sulla Terra moltissime nuove specie.

Lo dimostra uno studio appena pubblicato sulla rivista Nature Geoscience da un gruppo di geologi dell’Università di Rochester, nello Stato di New York, e dell’Università della California a Santa Cruz, coordinati da Richard Bono. I ricercatori sono riusciti a provare che circa 565 milioni di anni fa il campo magnetico terrestre raggiunse l’intensità più bassa mai toccata, inferiore al 10% di quella attuale. Era sul punto di sparire del tutto, lasciando il nostro Pianeta nudo, senza il suo scudo protettivo contro la pioggia incessante di radiazioni solari e cosmiche che avrebbero potuto spazzare via, nell’arco di qualche secolo, l’atmosfera e la vita stessa sulla Terra, sterilizzandone la superficie. A salvare il nostro Pianeta fu il suo cuore bollente, il nucleo interno, che solidificandosi riattivò la dinamo terrestre.

“Il ferro fluido presente nel nucleo interno della Terra iniziò a solidificarsi, espellendo gli elementi più leggeri, come il silicio e l’ossigeno, verso la parte esterna del nucleo, dove si genera il campo magnetico. Sono questi elementi che poi riattivarono la dinamo terrestre”, spiega a IlFattoquotidiano.it il geologo Fabio Florindo, esperto di paleomagnetismo dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), in queste ore a Lisbona per un meeting europeo. Il segnale di questa riaccensione della dinamo fu una serie di rapide inversioni dei poli magnetici, un fenomeno non nuovo nella storia della Terra, che negli ultimi 170 milioni di anni è avvenuto più di 100 volte, l’ultima circa 780.000 anni fa”, chiarisce l’esperto dell’Ingv.

I ricercatori americani hanno ricostruito il periodo esatto in cui il nucleo ha iniziato a solidificarsi, cercando le impronte fossili del campo magnetico terrestre in alcune rocce vulcaniche del Quebec, in Canada, tra le più antiche del Pianeta. “Le rocce vulcaniche raffreddandosi congelarono l’intensità e la direzione del campo magnetico nei minerali di magnetite – sottolinea Florindo -. Analizzare questi minerali è molto complicato, ma il risultato raggiunto può essere considerato rivoluzionario, perché è la prima volta che si riesce a fotografare con estrema precisione cosa avvenne nel cuore del Pianeta in una fase estremamente delicata della sua storia geologica. Fino ad oggi – conclude Florindo – si pensava, infatti, che il nucleo interno terrestre si fosse solidificato molto prima, circa due miliardi di anni fa, quando il Pianeta aveva poco meno della metà dei suoi anni”. Ora sappiamo che la storia del Pianeta cambiò, invece, 565 milioni di anni fa, nel momento giusto per sostenere la corsa inarrestabile della vita.

L’Abstract dello studio su Nature Geoscience

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