Che dietro all’arresto e la detenzione del numero uno di Renault-Nissan Carlos Ghosn (in carcere da più di due mesi) ci fossero aspri contrasti tra le due case automobilistiche, è sempre stato più di un sospetto. Il manager ha spinto per consolidare sempre più un’alleanza che invece i giapponesi, parte “debole” di un’intesa sbilanciata a favore dei transalpini, si sforzano di riequilibrare.

Bisogna sempre tenere a mente che Renault controlla il 43% dell’azienda nipponica con relativi diritti di voto, mentre Nissan – che genera gran parte della redditività del gruppo – possiede appena il 15% della casa francese e senza diritti di voto, oltre al 34% della Mitsubishi Motors, il terzo partner dell’alleanza. Normale, dunque, il desiderio dei giapponesi di uscire da questa condizione di svantaggio.

In assenza di colui che riusciva a fare a equilibratore, ovvero lo stesso Ghosn, il castello di carte rischia però di saltare in aria. L’agenzia di stampa Kyodo ha anticipato che rappresentanti del governo di Emmanuel Macron, nel corso degli incontri tenutisi a Tokyo tra i dei due costruttori, avrebbero chiesto ai giapponesi di valutare la possibilità di una fusione tra le due aziende. Facendo seguito al faccia a faccia dello scorso mese a Parigi tra lo stesso Macron e il premier giapponese Shinzo Abe, in cui i due leader avevano espresso il desiderio di avere un’alleanza più stabile.

Da Parigi e Tokyo, tuttavia, sono arrivate solo smentite. Il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire ha dichiarato al Journal du Dimanche che “sul tavolo non c’è nessuna modifica alla composizione dell’azionariato né alle partecipazioni incrociate fra Renault e Nissan”. Anche il neo presidente Nissan Hiroto Saikawa ha dichiarato di non essere a conoscenza di piani che prevedano una fusione con la casa transalpina, aggiungendo che “le trattative non hanno raggiunto ancora il punto cui le due aziende possono discutere una revisione del capitale sociale”.

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