La correzione dei conti pubblici necessaria per evitare la procedura di infrazione deve essere “considerevole, non solo marginale“. Il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, non rinuncia al ruolo di “falco” nella trattativa tra Roma e Bruxelles per evitare le sanzioni sulla legge di Bilancio. E ribadisce che la distanza “è molto grande”. Intanto il governo italiano sta ancora elaborando la proposta da fare alla Commissione Ue. L’intervento del ministro dell’Economia Giovanni Tria nell’aula del Senato non ha chiarito se l’intenzione sia effettivamente quella di ridurre il deficit/pil 2019 dal 2,4 al 2,2%, aggiustamento che per le istituzioni comunitarie sarebbe comunque insufficiente. Dopo aver avvertito che “non abbiamo ancora avuto una stabilizzazione né economica né sociale” e “oggi siamo ancora lontani dal livello del Pil di 10 anni fa e dal livello di occupazione di 10 anni fa”, il titolare del Tesoro si è limitato a dire che si sta “attentamente valutando, man mano che va avanti il disegno delle misure fondamentali, i loro costi effettivi“, in modo da capire “se si possano trovare gli spazi finanziari per migliorare l’equilibrio tra la crescita e il consolidamento dei conti pubblici. In questa direzione, il dialogo con l’Ue può trovare spazi nuovi”.

Secondo il ministro, “dobbiamo tenere conto dell’incerto contesto economico in cui ci troviamo e dell’alto livello dello spread“, per questo si deve puntare “da una parte a rafforzare le misure di rilancio dell’economia e dall’altro ad una maggiore prudenza di spesa”. C’è “la necessità di non divergere dalle regole europee” perché questo avrebbe ulteriori “effetti negativi sulla crescita e sulla politica espansiva, facendo aumentare il costo di finanziamento del debito”.

Tria ha poi richiamato le responsabilità dei governi precedenti che hanno lasciato in eredità promesse di aggiustamento “poco realizzabili”. “L’Italia”, ha ricordato, “ha beneficiato della politica espansiva del Quantitative easing (Qe)” della Banca centrale europea, che “ha portato a un risparmio per 35 miliardi“. Questo beneficio, però, “non si è riflesso in una discesa del debito: dal 2014 abbiamo invece avuto un aumento della spesa corrente che ha assorbito questo beneficio per finanziarie la stagione dei tanti bonus con oneri che continuano a pesare sul nostro bilancio. Continua la caduta investimenti della p.a, ed è costantemente diminuita la capacità di progettazione. Tutto questo ha portato l’Italia a una situazione di consolidato ritardo della crescita che non ha consentito di ridurre il peso debito pubblico sulla nostra economia”.

In questo contesto l’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni “si era impegnato con la Commissione ad un percorso di aggiustamento prescindendo dal realismo del suo conseguimento. Il nostro bilancio programmatico ha quindi deviato, perché non poteva confermare quell’impegno”. Così si arriva alle contestazioni della Commissione: “L’Italia deve fare uno sforzo strutturale dello 0,6% del Pil, invece l’Italia ha pianificato uno 0,8% di peggioramento, stando alle sue stesse cifre, mentre noi calcoliamo un peggioramento dell’1,2%”, ha rammentato Dombrovskis.

I rilievi, sottolinea Tria, nascono dalla “modifica dei fattori rilevanti analizzati dalla Commissione stessa nel maggio 2018, quando decise di non sanzionare il non raggiungimento da parte dell’Italia dell’obiettivo raccomandato di riduzione del debito. La decisione di non sanzionare l’Italia fu presa in base al profilo di aggiustamento strutturale proposto dal precedente governo per il triennio 2019-2021, profilo chiaramente poco realizzabile e sorretto da clausole di salvaguardia fiscale crescenti nel tempo, ancora più non sostenibile in una fase rallentamento dell’economia”. La manovra “si è limitata ad aumentare il deficit per finanziare misure che avessero al contempo effetti positivi sulla crescita sul lungo periodo ed effetti espansivi nel medio periodo“.

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